sabato 19 dicembre 2020

ANCHE LE CATASTROFI A VOLTE PORTANO DONI

 

Ero senza radio e senza televisione, davanti al fuoco del camino. Sconnesso dalla Rete e per una volta tanto felice di esserlo. Volevo provare qualcosa di diverso. Fuori una pioggia gelata che si voleva trasformare presto in qualcosa di più solido. Ero appena fuggito da una cortina fumogena di allarmismi, negazionismi, protagonismi ed esibizionismi fatti apposta per disorientare la gente già nauseata dal martellamento di dati sanitari. Non si parlava che di Covid. Intanto la pioggia era diventata nevischio e il silenzio si impadroniva sempre più della boscaglia che mi circondava.

-      Finalmente potei pensare e riflettere in pace.

Avevo ricominciato a ritrovar qualcosa, che da tempo avevo perduto, in quel dramma iniziato 10 mesi fa, ora mi appariva chiaro avevo prima di tutto la liberatoria percezione della mia vulnerabilità. Una malattia, un rovescio economico, ora li sentivo accanto. Ero in una casa calda, avevo un tetto sopra di me, la dispensa piena e nessuno mi minacciava, la solitudine ed il distanziamento,

mi avevano riportato in una dimensione arcaica, che avevo sempre considerata al di fuori delle mie consuetudini.

Scese la sera e con il buio, forte di quella dimensione vetusta, cominciai a percepire come ombre, le vite dei miei antenati, mi sovvennero quei racconti del nonno, rimossi perché in quei primi anni 60, io sognavo solo la città, i palazzoni ed una vita dinamica.

Una smania, un attimo di nervosismo mi colse, l’ansia che mi portavo dentro ritornò. In un attimo, mi alzai, abbandonando lo sguardo prima concentrato sul fuoco del camino. Aprii il guardaroba e lo trovai strapieno di indumenti, mi sembrarono subito troppi, viste le esigenze di quel momento.

-       Non me ne ero accorto, finora?

Questo poi era quello della seconda casa e la cosa mi fece vergognare un po'. Pensai che magari avrei approfittato, nei giorni successivi, di portare qualcosa giù in paese alla Caritas. Giusto per muovermi un po', in fondo la solitudine mi spaventava ancora tanto. Che male c’era, in fondo  anche il DPCM, permetteva di muoversi nel raggio di 30Kilometri.

mercoledì 29 luglio 2020

CENERENTOLA TI HO FOTTUTO


Non volevo solo creare e vendere vestiti, ma ideare uno stile di vita”. Una imprenditrice e una mamma. In una parola una donna, Elisabetta Franchi, che oggi veste i vip d’Italia e del mondo, ma che a dispetto dell’appartenenza a questo mondo dorato ha dovuto fare fronte a numerose sfide prima di raggiungere il successo.



Elisabetta Franchi nata nel 1968, quarta di cinque figli di una famiglia bolognese di umile estrazione, guidata da una madre forte che tra mille sacrifici cresce da sola i bambini: anni dopo Elisabetta ricorda come proprio l’assenza di un padre e le difficoltà, la passione e la determinazione di una rivalsa l’abbiano portata a seguire il suo sogno con caparbietà. Studia con grande sacrificio all’Istituto Aldrovandi Rubbiani di Bologna e il suo ingresso nel mondo della moda ha origine proprio lì, mentre si mantiene con lavori saltuari, come la commessa, professione che le insegna a prestare attenzione al gusto delle consumatrici e ad ascoltare le loro esigenze. Un insegnamento fondamentale che non dimenticherà e che sarà la base del suo futuro successo professionale.
Poi, l'ascesa attraverso le seguenti tappe:
Nel 1996 la designer apre un piccolo atelier, dove comincia a dare forma alle sue idee e a realizzare i primi capi, seguendo il suo istinto, con appena 5 collaboratori (oggi sono circa 300).
Nel 1998 nasce la Betty Blue S.p.a. che produce la collezione CELYN b, un nome che rievoca l’eleganza dello stile parigino e in cui la lettera “b” sta per “Betta”, diminutivo della designer.
Nel 2006 la designer acquista una vecchia ditta farmaceutica dismessa che, nel 2008, dopo due anni di progettazione e ristrutturazione, diventa l’headquarter della Maison: oltre 6.000 metri quadrati di bellezza moderna e funzionale, stile Miami, immersa nella campagna bolognese. Il restyling, nel pieno rispetto dell’architettura eco-sostenibile, ha restituito nuovo splendore al building esprimendo pienamente la passione che Elisabetta Franchi ha sempre coltivato, accanto alla moda, proprio per l’architettura e il design.
Dal 2012 la designer sceglie di firmare con il proprio nome le sue creazioni, dando vita all’omonimo marchio, ELISABETTA FRANCHI.
Nel 2013 è Milano la location scelta per l’apertura del suo primo showroom direzionale, in Via Tortona 9, un’intera palazzina di 950 mq, sviluppata su 6 livelli.


“Il nostro è stato un amore clandestino, un amore impossibile. Lui aveva già un’altra famiglia ma io non volevo essere l’eterna seconda e l’ho messo davanti ad una scelta. Una domenica lui è venuto da me e non è più andato via. Siamo stati insieme 17 anni” Sabatino Cennamo è stato il primo marito della stilista Elisabetta Franchi: cosa sappiamo di lui?

Sabatino Cennamo era il marito di Elisabetta Franchi, colui che per primo ha creduto in lei. Il loro è stato un grande amore, che ha visto la nascita di una bellissima bambina e che si è spento all’improvviso a causa di una malattia. Chi era l’imprenditore che ha saputo riconoscere l’immenso talento della stilista?

Elisabetta Franchi: chi era l’ex marito

Elisabetta Franchi ha avuto una vita tutt’altro che facile. La stilista della nota casa di moda, ad oggi una delle più apprezzate al mondo, ha dovuto faticare tantissimo per arrivare dov’è ora, ma tutto ciò non sarebbe stato possibile se nel suo cammino non avesse incontratoSabatino Cennamo. I due si sono incontrati a Bologna, all’Imperial, dove Elisabetta era arrivata in cerca di lavoro dopo aver abbandonato la scuola.



La Franchi, cresciuta senza padre, ha iniziato a corciarsi ben presto le maniche perché a casa mancavano i soldi e lei non poteva fare altrimenti. Quando è stata assunta all’Imperial di Bologna ha incontrato Sabatino. Lui era già sposato, ma non ha potuto fare a meno di notare quella donna piena di talento. Pian piano, Elisabetta e l’imprenditore si sono innamorati e hanno iniziato una storia clandestina. Quando la Franchi si è stufata di vestire i panni dell’amante ha imposto a Cennamo una scelta: o lei o la sua famiglia. L’uomo ha scelto di seguirla, non solo da un punto di vista sentimentale, ma anche lavorativo. Nel 1998 hanno fondato insieme la società Betty Blue che, nello stesso anno, ha presentato la prima collezione.
La storia d’amore tra Elisabetta e Sabatino, anche se all’inizio non prometteva nulla di buono, è andata avanti per ben 17 anni ed è finita a causa di una terribile malattia.
Nel 2008 Cennamo è morto dopo un anno di lotta contro un male che non gli ha lasciato scampo. L’imprenditore, prima di spegnersi, è riuscito a vedere la nascita della loro prima figlia Ginevra. La bambina, che oggi ha 12 anni, non ha alcun ricordo del papà perché quando lui è morto lei aveva soltanto un anno. Nonostante, tra la Franchi e il marito ci fossero più di vent’anni di differenza d’età, i due non hanno mai avuto problemi e soltanto la malattia è stata in grado di separarli. Come ha raccontato la stilista nel suo documentario Essere Elisabetta”, Sabatino ha visto solo la nascita della casa di moda, ma non l’impero che negli anni è diventata. Nonostante questo, all’ingresso della maison, la Franchi ha voluto mettere una fotografia di Cennamo perché è soltanto grazie a lui se oggi ‘EF’ è un brand noto in tutto il mondo.

DALLA BAMBOLA DI STRACCI ALLA BORSA VALORI
“Eravamo 5 figli. Non ho potuto finire la scuola, servivano i soldi: cosi ho iniziato a lavorare a Bologna al mercato come commessa alle bancarelle, e lì ho imparato la sensibilità commerciale. Poi ho proseguito per sei mesi nel fine settimana facendo la barista e prendendomi la leadership, fino ad essere assunta in un’azienda, la Imperial di Bologna che realizzava, e lo fa ancora, il fast fashion, ossia il cosiddetto pronto moda. La fortuna dell’azienda erano i titolari, Emilia – tosta con carattere forte come il mio – ed Adriano. Ma soprattutto il loro amministratore delegato Sabatino Cennamo che è poi diventato mio marito: è stato lui a prestarmi i soldi per spiccare il volo e iniziare la mia attività imprenditoriale. Vedeva lungo, credeva in me e ha avuto ragione”. Oggi la società vale 123 milioni di euro di fatturato, 15,1 milioni di utile e un margine operativo di 21 milioni di euro. Se gli si chiede quale crede sia stato il segreto che le ha permesso di arrivare a questi numeri, lei risponde con un ricordo dell’infanzia: A 7 anni giocavo con una bambola a vestirla anche con stracci ritagliati. Ho solo proseguito ascoltando il mio istinto. Ai giovani dico solo: non cercate il successo o la fama, cercate di fare ciò che vi piace, ma di fare.”  Elisabetta Franchi è sorridente, emoziona e si emoziona. Appare vera, genuina. Anche quando racconta che “il mondo della moda è spesso frainteso: non è solo luccichio, cocktail ed aerei privati. E’ faticosissimo: ci sono tre collezioni a stagione da preparare, e a scuola la fatica non la insegnano. Ma la prima volta che vidi indossare un mio abito a Los Angeles capii che il mio percorso era corretto”. E proprio negli Stati Uniti Elisabetta ha visto iniziare il fenomeno delle testimonial per le sue collezioni, tra le prime anche Angelina Jolie: “Donne bellissime, che non ho mai dovuto pagare perché indossassero i miei abiti”, sottolinea.
Qualche anno fa, quando il marchio era già cambiato rispetto a quello, molto anonimo, di Celyn B ma il fatturato era ancora lontano a quello di oggi (la signora cresce ora al ritmo del sei-dieci per cento all’anno, percentuali sconosciute alla maggior parte dei suoi competitor), fu invitata a parlare agli studenti in Sapienza. Si schermì per qualche mese; poi, complice la sua pr, Silvia Negri Firman, donna di polso cresciuta alla scuola durissima di Calvin Klein, finì per accettare. Arrivò senza un filo di trucco con i capelli annodati in una treccia, si scusò in partenza per eventuali strafalcioni sintattici, appoggiò sulla cattedra una bambolona di pezza con i capelli neri come i suoi (ora è diventata bionda con gli anni e con gli agi) e raccontò la storia di una bambina cresciuta in una casa dove riscaldamento e luce c’erano quando la madre riusciva a tenersi accanto un uomo, con parecchi fratellastri a cui badare, e in cui l’unico patrigno durato più degli altri rappresentava un modello di comprensione e di amore fino a quando si attaccava alla bottiglia e allora bisognava infilare la porta il più in fretta possibile, perché gli usciva di tasca il coltello. In quelle occasioni, lei e i fratellini trascorrevano le notti all’addiaccio o pigiati nell’utilitaria, in mezzo alla strada, senza riuscire a prendere sonno, lei sapendo già che la mattina dopo sarebbe dovuta andare a scuola e il pomeriggio badare alla casa mentre quella mamma “che faceva molto affidamento sulla propria bellezza” cercava una soluzione per venirne fuori, forse.
Nell'aula Magna non volava una mosca.
Tanti avevano gli occhi lucidi. Elisabetta Franchi raccontò del primo lavoro remunerato in un bar, adolescente; evocò il mercato gelido, poi il salto a commessa in un negozio, quindi l’incontro con il primo marito, Sabatino Cennamo, piccolo imprenditore che era già sposato e questo fu l’unico punto che, se ben ricordiamo, tralasciò. Arrivarono gli aneddoti sul debutto nel pronto moda, la nascita della prima figlia, Ginevra detta Gingi a cui adesso è intitolata la holding, la morte prematura del marito per un tumore, la ripresa da sola, vedova trentenne con bimba a carico e con i prestiti da onorare, i Natali in ufficio e in magazzino, i viaggi col campionario in valigia per piazzare i capi dell’ultimo minuto nei negozi multimarca; poi la prima boutique, e la seconda e la terza (adesso sono ottantaquattro, con 1.100 multimarca riforniti) e la conquista di un posto al sole sempre più luminoso, fra l’ostilità dei colleghi e la tolleranza snobistica della Camera della Moda che, se vogliamo, non si è ancora dissolta, benché la produzione di Elisabetta Franchi sia quasi interamente made in Italy e sulle fonti di ispirazione siano tanti, di certo non solo i suoi designer, a guardarsi attorno prima di mettere la matita sul foglio. Chiuse l’intervento sul primo fidanzatino che è diventato il secondo marito, sulla nascita del secondo figlio, Leone, sulle associazioni che sostiene, facendo proselitismo, e sulla svolta animal free delle sue collezioni – niente pelliccia, meno pelle possibile – perché nella sua famiglia che non avrebbe mai definito disfunzionale perché nessuno le aveva mai spiegato che cosa fosse, si era sempre trovato il modo per sfamare gli animali abbandonati. Nel frattempo, la bambola osservava l’audience, copia conforme di quella che da bambina l’oratrice vestiva di stracci e che ora veniva venduta in migliaia di copie nei suoi negozi, provvista di un ricco guardaroba. Commosse, ma anche un filo insospettite da quella storia fin troppo verista e da tutta quella simbologia, conclusa la testimonianza in un tripudio di battimani e di richieste di selfie che non si sono più ripetute con quella spontaneità e quel calore, neanche per direttori creativi di levatura mondiale.
In quel mercatone del pronto moda che è il Centergross, dove Elisabetta e Sabatino avevano debuttato con i progetti di lei e i magri risparmi di lui, la signora Franchi ci era andata leggera. La realtà era ancora più drammatica. Per questo,  i suoi abiti da sirena e le tute sexy, le sue t-shirt con le frange di metallo altezza seno, il suo amore sfrenato per i luccichii e per i tessuti setosi. Per questo, i suoi account Instagram traboccano di commenti affettuosi e la sua moda piace tanto: perché piace, innanzitutto, lei. Scorrendo l’account aziendale, con i suoi quasi due milioni di follower, si trovano  manifestazioni di entusiasmo per quei tagli avvitati e per tutte quelle paillettes: la moda di Elisabetta Franchi permette alle donne di non lasciare mai il guardaroba di Barbie in modo definitivo; la sua storia consente invece di avvicinarsi al sogno di affermazione professionale femminile che quella bambola, per prima, ha postulato.
“Se vuoi puoi” è il motto della stilista, stampato su migliaia di t-shirt e che, ricorda molto da vicino quello di Walt Disney, un’altra figura di grande successo cresciuta in una famiglia dove le mani venivano alzate con facilità: “Se puoi sognarlo puoi farlo”.
Elisabetta Franchi, con la casetta sull’albero che si è costruita nel casale “di mille metri quadrati” ristrutturato alle porte di Bologna, non ha affatto “fottuto Cenerentola”. Piuttosto, ne ha sviluppato il sogno di riscatto fino all’ultimo mucchietto di polvere del camino, trasformandolo in paillettes. Dunque la gente, in un modo sconosciuto alle Miuccia Prada e alle Consuelo Castiglioni, di cui pure sarebbe difficile negare l’impegno civile e culturale, alla prima soprattutto, a “Betty Blue” si sente vicina. Le si rivolgono definendola una “leonessa”, tributandole gli onori del capo, o del capotribù. Gli amici bolognesi, senza troppi complimenti, la chiamano “la bestia”. Di  Elisabetta Franchi rappresenta un ulteriore unicum, nel mondo pur molto aperto e trasversale della moda, dove le nozioni di inclusione e di diversità vengono ormai incartate nella velina insieme con le scarpe a mille euro.
La sua biografia, in uscita in questi giorni per Mondadori, si intitola molto eloquentemente:
 “Cenerentola, ti ho fottuto”.

Sul mercato azionario il valore della Elisabetta Franchi Spa, in cui la signora conserverà la maggioranza, sarà pari a 195 milioni di euro.
Il racconto più meritocratico che abbiate sentito nell’ultimo anno e che al contempo conserva tutti i codici della fiaba classica, di cui si è qui appena accennato.
Inoltre ha di recente girato “Essere Elisabetta” ancora rintracciabile su Real Time e più di recente una puntata del programma Mediaset “Pensa in grande”, Elisabetta Franchi ha il coraggio di mostrarsi mentre la tata dei bambini riprende lei e il marito sugli usi sociali, e di scherzarci garbatamente sopra. Il mondo si sarà pure evoluto ai social network e all’ecommerce, ma il cibo, la sua abbondanza e la sua qualità, continua a essere un tema molto sentito lungo la strada dell’affermazione personale. In casa di Elisabetta Franchi pare misuri anche i rapporti famigliari, che lei difende in modo geloso ed esclusivo. Un recente post del secondo marito di Elisabetta, Alan Scarpellini, quasi 80mila follower, segnala desolato e un po’ divertito che non sa a che “ora si cenerà stasera”. Lui, infatti, che di sé posta solo immagini con i bambini o con lei e che nei due documentari interviene solo per raccontare come si siano conosciuti ed essere ripreso dalla moglie, fuori campo, che precisa e puntualizza, l’aspetta ogni sera a casa. Non è ben chiaro quale attività svolga, in realtà dichiara non saperlo anche la pr e nessuno pare ci badi granché. Di sicuro il signor Scarpellini,  di Elisabetta Franchi è il punto fermo, il focolare, la forza. La accoglie ogni sera, aspettandola al ritorno dall’ufficio per condividerne ansie e timori, i successi e le speranze. Si sono salvati a vicenda, il capofamiglia è in tutta evidenza lei. E anche questo ha il sapore di una favola. Fin troppo moderna per la società italiana, in effetti.

«Mi guardavo intorno da tempo perché credo che il sistema possa supportare lo sviluppo della società, che oggi realizza il 55% in Italia e il resto all’estero. Ho scelto la business combination con Spactiv, perché grazie al percorso dei promotori penso che questa operazione possa essere un abito perfetto cucito addosso» commenta con Il Sole 24 Ore Elisabetta Franchi, numero uno della società Betty Blue Spa, che aggiunge: «Presto andrò in Borsa italiana, domani i promotori della Spac mi affiancheranno nei passi successivi di crescita del brand anche all’estero». L’operazione avverrà tramite l’utilizzo da parte della Spac delle risorse raccolte in sede di Ipo, pari a 90 milioni di euro.  Elisabetta Franchi avrà una quota di maggioranza tra un minimo del 58,3% e un massimo del 65,1% della società. Una distribuzione capillare in tutto il mondo fatta ad oggi di 84 negozi monomarca, di cui otto outlet e circa 1.100 negozi multimarca che sono dislocati nelle città più importanti del mondo. «Elisabetta Franchi è una società che nella moda ha avuto un percorso lineare: ora potremo contribuire alla sua crescita con l’esperienza che abbiamo maturato. La società potrà arrivare ad un’altra dimensione e il fatto di essere in Borsa ed istituzionalizzarsi permetterà di accelerare il processo» commenta Maurizio Borletti, numero uno di Borletti Group, che prosegue: «La società ha conquistato il mercato italiano e sta andando all’estero con risultati molto positivi. È un brand che per natura, tipologia di prodotti e prezzi ha possibilità di diventare un marchio globale. La società ha una forte capacità di investimento grazie alla generazione di cassa e non ha debiti. Può sostenere, quindi, investimenti importanti. C’è un business plan in corso e questa operazione va nella direzione di accelerare lo sviluppo».


Betty Blue ha chiuso il bilancio 2018 con un fatturato di 115,6 milioni, un margine operativo (Ebitda) di 22,3 milioni e un utile netto di 15 milioni. Al 31 dicembre scorso la società, poi, aveva una disponibilità finanziaria di 9,3 milioni di cassa. Nel periodo 2016-2018, inoltre, ha distribuito dividendi per un totale di 30 milioni e ne ha già deliberati altri 15 milioni per l’anno in corso. Per l’anno in corso il fatturato di Betty Blue è stimato in circa 123 milioni, con una crescita del 6,4%. «La Borsa è uno strumento che ci permette di diventare un po’ più internazionale. In Europa siamo già abbastanza forti, ma vogliamo consolidare i mercati in cui siamo presenti. Nei passi futuri, poi, ci saranno la Cina e gli Stati Uniti» osserva Franchi, aggiungendo: «L’online è il nostro primo negozio: nel 2018 ha contato per circa 6 milioni e nel 2019 dovrebbe raggiungere i 10 milioni».
Il Cda rifletterà il nuovo assetto azionario, con Elisabetta Franchi che resta l’azionista di maggioranza e quindi ceo e l’entrata nel board di membri nominati dai promotori della Spac. Inoltre è previsto un rafforzamento progressivo del management per seguire lo sviluppo del business plan.

domenica 19 luglio 2020

DOLCE AMARO - INCIPIT



Come il tipico sapore del cioccolato fondente di Modica, la mia storia di Covid, ha lo stesso sapore, direi più tendente all’amaro.

La chiamavano bocca di rosa
metteva l'amore, metteva l'amore,
la chiamavano bocca di rosa
metteva l'amore sopra ogni cosa……

Già ero sbarcata da pochi giorni a Porto Empedocle con quel barcone e mi ero ritrovata improvvisamente libera, neanche mi avevano vista, quando alla chetichella lasciai il porticciolo. Non avevo altro che i quattro stracci che portavo addosso. Ma già in Africa ero abituata a sopravvivere e anche qui non mi fu difficile trovare e rimorchiare il primo cliente e procurarmi quanto mi serviva per arrivare a Modica. Era il mio chiodo fisso fare la mia prima tappa, proprio lì, avrei poi proseguito il mio viaggio dopo essermi procurato altri clienti verso l’Umbria. Il mio progetto era chiaro ero sulle orme della mia musa ispiratrice, Zamira, che aveva prima di me fatto lo stesso percorso ed ora dopo molite tappe esercita l’onorata attività a Malmoe in Svezia con grande profitto.

Appena scese alla stazione
nel paesino di Sant’Illario
tutti si accorsero con uno sguardo
che non si trattava di un missionario.
C'è chi l'amore lo fa per noia
chi se lo sceglie per professione
bocca di rosa né l'uno né l'altro
lei lo faceva per passione.

Ma la passione spesso conduce
a soddisfare le proprie voglie
senza indagare se il concupito
ha il cuore libero oppure ha moglie.

Nel mio caso anziché Sant’Ilario, la stazione era quella di Modica scalo, col mio vestitino sopra il ginocchio acquistato lì per strada a Porto Empedocle, mi presentai alla signora Concettina. Andai a colpo sicuro come mi aveva indicato Zamira.


                                                                                                                     (CONTINUA)

domenica 14 giugno 2020

LA SPOSA BAMBINA

"Aveva 12 anni, in Africa è così. L'avevo regolarmente sposata nel senso che l'avevo comprata dal padre. Mi portava la biancheria pulita".
Una storia del 1969 torna di grande attualità e riguarda un principe del nostro giornalismo nazionale contemporaneo, Indro Montanelli. La sua statua nel parco Milanese tra le Vie Palestro e Manin è stata imbrattata ed oltraggiata nel nome di questo nuovo trend iconoclasta che si sta affermando ormai a tutte le latitudini.
Quella sera in uno studio televisivo con queste parole Montanelli spiega che molti anni prima nel 1936, si era arruolato volontario nella guerra d'invasione dell'Etiopia (partecipò ai combattimenti per alcuni mesi per poi prestare servizio presso l'Ufficio Stampa e Propaganda).
Mi limitai a seguire l'usanza degli Ascari il corpo militare Eritreo, si combatteva e nel tempo libero, ci si trovava con la moglie acquisita sul posto.
Ma Gianni Bisiach il curatore di quel programma aveva invitato in studio, come contraltare al già arcinoto e allora editorialista del Corriere della Sera, una combattiva femminista, peraltro nativa dell'Asmara, che aveva vissuto in Africa i primi trent'anni ed era giunta in Italia a Roma solo nel 1962. Elvira Banotti, giornalista e scrittrice, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile (autrice del libro "La sfida femminile. Maternità e aborto").
Alle affermazioni fatte da Montanelli, la donna lo attacca e lo mette in imbarazzo, accusandolo senza mezzi termini di violenza carnale:
-A 25 anni non si è preoccupato affatto di violentare una ragazza di 12, dicendo "In Africa queste cose le fanno". Come intende i suoi rapporti con le donne, date queste sue affermazioni? In Europa eviterebbe di violentare una bambina. Io ho vissuto in Africa, il vostro era il rapporto violento di un colonialista che si impossessa della ragazza di 12 anni. I militari hanno fatto le stesse cose ovunque sono stati vincitori. La Storia è piena di queste situazioni.

Ma poi l'episodio rimane lì, come isolato, i tempi stanno cambiando, sono gli anni della conquiste sociali del divorzio e si comincia a parlare di aborto, ma ancora forte è il radicamento al vecchio modello sociale misogino e maschilista.
Passa il tempo, il vento ora e' cambiato, le ragioni femminili vanno ormai affermandosi a tutti i livelli e lui come per sfida, ritorna sull'argomento:
In quegli anni Etiopici era importante trovare una compagna intatta, prima di tutto per ragioni sanitarie. Devo dire che faticai molto a superare il suo odore, dovuto al sego di capra con cui erano intrisi i suoi capelli.
Raccontò infine:
dopo la guerra uno dei miei tre ascari mi chiese di sposare Destá (così si chiamava la ragazza). Diedi la mia benedizione e quando tornai in Etiopia nel 1952, rividi Destà ed il marito avevano 3 figli ed il primogenito si chiamava Indro.
.......Nel parco Milanese tra le Vie Palestro e Manin una mano anonima ora ha rovesciato diversi barattoli di vernice sulla Statua che commemora Montanelli ed un graffito scuro sul piedistallo sentenzia:
RAZZISTA
STUPRATORE


giovedì 11 giugno 2020

Chissà forse ci salverà....quella sporca donnina

Secondo il sito Escort Advisor, l’80 per cento delle escort ha scelto di non lavorare durante il lockdown, mentre dal quattro maggio hanno ripreso quasi tutte, richieste come non mai. Vuoi vedere che, quando i dati sui divorzi dati in forte aumento, saranno più affidabili scopriremo che era tutto rumore per nulla, e che lor signori ci hanno ripensato, e se ne staranno buoni a casa con le dilette mogli, perché a calmarli ci avranno pensato loro, le puttane?
In un reportage che sarebbe bello mostrare a reti unificate (“Coronavirus, viaggio nel mondo delle sex worker”), una prostituta dice a un certo punto di guadagnare 15 mila euro al mese, e di essere ricca perché non paga le tasse, che verserebbe molto volentieri se lo stato italiano glielo consentisse. Su questo, il governo potrebbe prendere lo spunto, caso mai i piani di Colao e gli Stati Generali non dovessero essere sufficienti?

sabato 25 aprile 2020

E' LA STAMPA BELLEZZA.....

Un Humphrey Bogart, duro ma giusto, con l' indimenticabile battuta - “ Questa è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente” - che pronuncia al telefono sul rumore delle rotative, fiero di aver salvato il giornale che dirige. Altri tempi, allora quando vidi per la prima volta quel film ero giovanissimo, pieno di entusiasmo e mi feci trasportare dal sapore romantico, di quel quel dialogo, in cui il bene ed il male erano facilmente riconoscibili. Diversi anni dopo feci la scoperta, nella versione nostrana, il boss della malavita – personaggio chiave oggetto dell'inchiesta giornalistica di Humphrey Bogart – era Rodzich un malavitoso che veniva presentato come venuto dall'Est Europa, vista allora come il demonio. In realtà scopersi inconfutabilmente che nella versione originale, si trattava dell'Italiano di origine Siciliana Rienzi. Già fu un vera delusione. Io mi ero costruito, la carriera di giornalista, su quel mito. Prima come semplice cronista, poi attraverso i diversi gradi ero diventato editorialista. Certo mi ero reso conto, anche prima di tale scoperta, che il mondo del giornalismo non era tutto rose e fiori. Ma io ero ancorato a quell'immagine e quanto mi succedeva attorno, me lo facevo scivolare addosso e tiravo dritto senza curarmene più di tanto. Da quel giorno in cui appresi tale inganno, si ruppe qualcosa dentro di me. Ma nulla cambiò, nel mio comportamento sociale, capii così a poco a poco, che l'importante era non darlo a vedere. Mi sentivo male dentro, ma visto che il successo apparente non era intaccato, non ci diedi il giusto peso.


Passaggio di testimone in Gedi dalla Cir della famiglia De Benedetti alla Exor della famiglia Agnelli e cambio al vertice dei due principali quotidiani del gruppo. Con il formale trasferimento del 43,78% delle azioni, ieri si è insediato il nuovo consiglio di amministrazione che vede John Elkann presidente. Maurizio Molinari, attuale direttore de La Stampa, diventa direttore di Repubblica al posto di Carlo Verdelli, nonché direttore editoriale del gruppo, mentre Massimo Giannini, direttore di Radio Capital, passa alla direzione del quotidiano torinese e di Gnn, il network dei giornali locali. Mattia Feltri è nominato direttore dell’Huffington Post.

Mi era arrivato il messaggio su Whatsapp, il giorno di Pasquetta era il 13 aprile 2020, mentre eravamo in pieno lockdown per il Covid 19. Subito chiamai, per complimentarmi, questo era l'iter formale previsto in questa casistica. Ma era un modo sottile, per cominciare a capire quale sarebbe stato il mio ruolo futuro.

Il presidente Elkann ci ha assicurato: «Le decisioni che abbiamo preso definiscono le basi di un’organizzazione chiara e coesa, premessa indispensabile per raggiungere i traguardi ambiziosi che ci siamo dati. Ci aspetta un percorso impegnativo e straordinario: con coraggio e con senso di responsabilità, abbiamo scelto di abbracciare l’innovazione e la trasformazione digitale per scrivere insieme il futuro del giornalismo e dell’intrattenimento di qualità. I principi che sono all’origine del nostro gruppo non cambieranno: continueremo a difendere la libertà di espressione e a impegnarci per garantire un’informazione responsabile e libera da qualunque condizionamento. I valori di sempre insieme a nuove idee saranno la nostra forza, oltre che il punto di riferimento per tutte le persone che lavorano in Gedi».

Mi fu immediatamente detto, che per quanto mi riguardava, sarei passato a collaborare con La Repubblica, che sarebbe diventata la testata ammiraglia. Come sempre, presi atto, in fondo era un ulteriore salto di qualità. In questo momento difficile, in cui larga parte del paese, sarebbe crollato sotto la scure della preesistente crisi ora aggravata dall'arrivo del virus, meglio non mi sarebbe potuta andare. Il gruppo Gedi Gruppo Editoriale era uno dei principali operatori italiani nel settore dei media, attivo nelle seguenti aree di business: stampa, radio, pubblicità e digitale. Era editore di la Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, 13 testate locali, il settimanale l’Espresso e altri periodici. Fanno parte del gruppo anche 3 emittenti radiofoniche nazionali (Radio Deejay, Radio Capital, m2o). Gedi opera, inoltre, nel settore internet e raccoglie la pubblicità tramite la concessionaria Manzoni.
Mi sentivo nonostante tutto al sicuro, ancora una volta ero dalla parte giusta “Quella del più forte soggetto, che c'era sul mercato”. Perché il tradizionale concorrente, il gruppo RCS, stava per celebrare l'annuale assemblea, venendo da un anno particolarmente difficile, ed il resto del 2020, si presentava terrificante. Urbano Cairo, il condottiero del gruppo, era ora in una condizione che metteva a dura prova il suo tradizionale ottimismo di editore e di mago nella raccolta pubblicitaria. Lo stop al Giro d'Italia, lo stop al campionato di calcio e l'azzeramento estivo delle Olimpiadi, avrebbero affondato la sua Gazzetta dello Sport. Ora Maurizio Molinari, forte dell'esperienza molto positiva della Stampa, passando alla direzione de La Repubblica, avrebbe portato l'attacco al cuore del Corriere della Sera.
Quella sera, solo, con quell'ultimo goccio di rosso, che mi era rimasto sul fondo del bicchiere, non brindai affatto, mi dissi soltanto:
- Come sei cambiato!

martedì 21 aprile 2020

Una Montagnier di fuffa

  • Da Il Foglio Quotidiano
  • CATTIVI SCIENZIATI - DI ENRICO BUCCI

  • Pochi giorni orsono, un’intervista rilasciata da un premio Nobel – Luc Montagnier – è andata in onda su un telegiornale nazionale. In questa intervista, si rilanciava l’idea già apparsa a febbraio della traccia nel genoma del nuovo coronavirus di sequenze genetiche derivate dal virus di Hiv. Questa idea rilanciava due delle teorie favorite dai complottisti: che il virus fosse in realtà prodotto di ingegnerizzazione dell’uomo, e che si stessero facendo esperimenti pericolosi e inutili con virus mortali, sfuggiti poi al controllo.
    Ora io non mi lancerò nel triste riepilogo delle numerose sciocchezze che un premio Nobel come Montagnier ha sostenuto da un po’ di tempo a questa parte, né delle motivazioni per cui lo fa; seguirò in questo il consiglio di chi ha espresso la sua pena per un anziano signore, che sempre più spesso presenta come fatti accertati ipotesi senza alcun fondamento. Mi interessa però rassicurare il lettore circa l’insussistenza delle cose adombrate da Montagnier e delle cosiddette “prove” che avrebbe prodotto in supporto all’idea che il virus sia un prodotto artificiale.
    Cominciamo con il primo dei documenti che ha citato, vale a dire un manoscritto di alcuni ricercatori indiani, che ha avuto una brevissima apparizione in Internet prima di sparire, ritirato dagli stessi autori. Montagnier ha dato a intendere che ci fosse qualcosa di losco, ma in realtà il manoscritto è stato pubblicamente demolito, prima di essere ritirato, in maniera assolutamente trasparente. Fra le tante pecche che ne hanno causato l’eliminazione, qui basterà mettere in evidenza quella dimostrata dal prof. Burgio: le parti del genoma del virus che sarebbero state, secondo gli autori, identiche a quelle di Hiv (e dunque la prova della manipolazione, perché in natura l’ibrido non può prodursi), sono in realtà dei brevissimi tratti del genoma del coronavirus, che questo condivide non solo con Hiv, ma con centinaia di altre specie, da ognuno dei regni del vivente.
    Sarebbe come se il lettore, dal fatto che ho impiegato la parola “specie” in questo testo, la quale è presente anche in un famoso libro di Darwin, stabilisse che l’articolo che sta leggendo in questo momento porta le tracce dell’azione di Darwin stesso. In realtà, la parola è troppo corta ed è contenuta in tantissimi testi, perché possa essere prova di alcunché; e questo vale ugualmente per le cortissime sequenze comuni di “lettere” del codice genetico comuni al coronavirus e a Hiv, ma anche a tantissimi altri organismi. Se il lettore volesse verificare quanto ho scritto, non ha che da processare i dati di sequenza opportunamente, usando software gratuiti disponibili in rete, per rendersene conto da solo.
    Il secondo documento portato a “prova” da Montagnier è un articolo su una rivista predatoria (cioè una rivista che, per soldi, pubblica qualunque cosa) da parte di un tal Jean-Claude Perez. In questo articolo si afferma di aver trovato la prova “matematica” della artificialità del genoma del coronavirus. In realtà, si tratta di un indigeribile minestrone di parole, dal significato nullo (per controllo, ho chiesto anche a qualche matematico), il quale ha una caratteristica precipua: quella di essere in buona parte plagiato da precedenti scritti dello stesso autore, in cui le stesse parole sono usate per dimostrare le più varie cose sulle sequenze di Dna umano, dei Neanderthal e di tantissime altre specie. Come se non bastasse, anche le figure che dovrebbero servire a dimostrare quanto sostenuto dall’autore sono riciclate, persino all’interno dello stesso manoscritto: se il lettore volesse divertirsi, confronti per esempio la figura 34 con la 39. In poche parole, il cosiddetto articolo scientifico di Perez, con cui Montagnier ha collaborato anche in occasioni precedenti, è incomprensibile immondizia plagiata (come si può verificare con qualunque software antiplagio), pubblicata su una rivista spazzatura; e il fatto che un Nobel lo usi per rafforzare la sua tesi dimostra solo quanto quest’ultima sia priva di fondamento e in quale triste stato si arrivi quando a tutti i costi si vogliono sostenere sciocchezze. Due articoli spazzatura, anche se usati da un premio Nobel, non danno supporto a una tesi; e per dirlo, non c’è bisogno di un altro Nobel, basta verificare quanto ho scritto.

    giovedì 16 aprile 2020

    BOLLETTINO DEL GIORNO. Giovedì 16 Aprile 2020. Sarcastico post di Andrea Mingardi su Facebook

    Quante ce ne hanno raccontate, dette, predette, smentite impapocchiate, raffazzonate, rabberciate e quante ne abbiamo bevute, credute, temute e a nostra volta divulgate per questa voglia di parlare sempre di cose che non conosciamo. Fake news, notizie fasulle, date in pasto a noi povero volgo, ritrattate, distorte ad arte, distribuite per destabilizzare, per criticare, per garantirsi qualche vantaggio, perché il "divide et impera" funziona sempre. Allora, partiamo da... dove mi ricordo, eh? Tanto, balla più, balla meno... balla quello che vuoi. Un noto virologo, che non deve derivare da vir, uomo, eh? Ma che uomo è quello che appena due mesi fa ha dichiarato che il "corona" era niente di più di una normale influenza? Per poi adesso, ammazzarsi di ospitare tv per dire l'esatto contrario? E i pezzi di merda che in tutta Europa ci hanno indicato come untori? Ungetevi voi una certa zona prima che ci vendichiamo con degli uccelli paduli ricoperti da carta vetrata! Il contagio avviene solo se "scaracci" in faccia a qualcuno. No, devi metterti una mano sulla bocca e una sui maroni, lavati le mani appena ti capita. Poi, il virus è nell'aria, il sudore lo vaporizza e la distanza di sicurezza deve essere la stessa delle scorregge. Non è vero, basta un metro. Abbiamo visto gente uscire di casa col metro di plastica per non sbagliarsi. Contrordine, quando il morbo si posa sull'asfalto, lì sopravvive più di un auto in divieto di sosta. No, no, ma cosa abbiamo detto... sono le mani le più pericolose. Dopo l'annuncio, registrato sullo stivale un calo spaventoso di pugnette. Avvertiamo che non vi dovete toccare il naso, gli occhi e la bocca con le dita. Il terrore corre sul filo... interdentale. E' consigliabile lavarsi i vestiti, con noi dentro. Indicazioni dell'ufficio di... gene gnocchi, giovedì, sabato trippa. Hanno consigliato di non toccare assolutamente la posta. La De Filippi è disperata. Non uscite da casa coi bambini, mandateli da soli, che si arrangino. Gli animali portano il virus, no non lo portano... ne portano solo un po', una modica quantità. il giro d'Italia e di Francia non si faranno ma sono partiti un sacco di gruppi per la corsa al vaccino. Ci saranno premi miliardari. Sarà pronto in quindici mesi, no, in otto mesi, forse in due anni, pare in tre mesi ma costerà un milione l'uno, c'è già ma non ci sono le siringhe. Ci sono dei medicinali che funzionano, no, non è vero, forse solo alcuni per l'AIDS, o altri come il Viagra. Alcuni anziani non hanno letto le istruzioni e invece di mandar giù la pillola verde subito l'hanno sciolta lentamente in bocca: sono rimasti col collo duro una settimana. Gli emigrati portano il virus, no non è vero e quel qualcuno che ne parlava per mesi ora non ne parla più. Lo avvertivano gridando "musulmani" e lui diceva subito "musulrigore". 'l'IMPS per parlare agli anziani del problema delle pensioni, aveva indetto un incontro al Pio Albergo Trivulzio, poi hanno dichiarato che le persone a rischio hanno rinunciato all'assegno mensile come i giocatori delle juve. Bravi bene, PIL. L'Europa ci aiuta, non ci aiuta...il Mes va bene, ma non vorrai tenerti tutto per tes, eh? Quattrocento miliardi, settecento miliardi, mille miliardi... ma cosa costa un toast? Dipende... da di che parte? Il lago di Lagarde non è pieno di soldi ma di distinguo e io... non distinguo più l'orizzonte. Si apre il 3? Nooo troppo presto, l'11, o forse a giugno. Non illudetevi, si andrà avanti così fino a Dicembre. Verso la metà, o tre quarti di vino rosso. Paga Gino. Nostalgia di una mia amica che lei non chiudeva mai. Ma chi l'ha detto... quest'estate si va tutti al mare. A Rimini, in spiaggia, separè di plastica e si farà il bagno a tuffi alternati. Si mangeranno le piadine con la mascherina, (lo squaquarone dovrebbe passare) e le sogliole con i guanti. "Cocco...cocco bellooo... Piangete bambini così la mamma vi toglie il respiratore... Ma io voglio sapere: chi è che cazzo mangia questi pipistrelli del cazzo? E chi li incrocia coi topi? E adesso, sono nati dei topistrelli o dei pipitopi? E chi è immune? Perchè non mi fate il tampone? Perché il Bologna non vince lo scudetto dal 64? Perché non hanno punito tutti quelli che hanno sbagliato? Perché ci fanno la multa se usciamo con lo scafandro a tre metri da casa? Perché questi non sono in grado di smorzarci nemmeno un perché? Io perché non lo chiedo neanche più, tanto mi direbbero cose per un altro perché? Medici, infermieri, eroi, ma non è che serviranno a qualcuno per riempirsi la bocca? !27, non è una vecchia utilitaria ma il numero di persone coraggiose mandate allo sbaraglio da chi non li ha avvertiti del pericolo, da chi non li ha protetti. Gente che parla tutto il giorno in tv e ci ha raccontato che noi siamo un modello, che quello è bravo, quell'altra è simpatica, quello buca lo schermo e quell'altro fa audience e non si sono nemmeno accorti che ultimamente hanno perso circa 20.000... ascoltatori. Sapete perché non sono depresso, perché sono meno arrabbiato di quello che sembra? Perché ho fiducia in voi, in noi e nella nostra capacità di non fidarci più di nessuno. Una volta, quando dicevamo delle bugie la mamma ci intimava di lavarci la bocca, adesso vado a lavarmi le mani perché scrivere di certi ballisti di merda poi ci s'infetta. Stanotte la mascherina me la metto nel culo.

    mercoledì 15 aprile 2020

    SE TELEFONANDO......SILVIO TENTA L'ULTIMISSIMA ZAMPATA

    Sono circa le 22 di martedì 14 aprile, mi trascino ormai stancamente, dal divano alla cucina, in uno zapping frenetico tra “Carta Bianca” e “Di Martedì”. Da una parte il dialogo tra Floris ed Ilaria Capua, è la solita menata attorno al virus, dall'altra Bianca Berlinguer e Mauro Corona, mi soffermo per un'attimo il loro teatrino è più rassicurante, ma la pubblicità interrompe il loro dialogo e insofferente, ritorno sulla 7. Un serafico Floris, annuncia una telefonata imminente di Silvio Berlusconi. Il tono del giornalista/presentatore, è suadente e quasi accorato. Penso e mi sovvengono, quei duelli al calor bianco tra lui e Berlusconi degni dell'Ok Corral, dell'autunno 2010 e gennaio 2011, ai tempi del “Bunga Bunga”a “Ballarò” e prima del collasso politico dell'ex Premier. “Certo ne è passata di acqua al mulino”, se ora un Silvio in disarmo ,ormai considerato fuori dai giochi, viene annunciato non dico in “Pompa Magna”, ma con un risalto non indifferente. Mi interrogo e mi chiedo “Perchè mai?”, ma chissà perché mi scatta un moto di curiosità, “......ascoltiamo, pure anche questa”. Arriva quindi la telefonata, Floris lo accoglie:
    -Benvenuto Presidente, Lei e Forza Italia, non siete stati trattati da Conte, come Salvini e la Meloni, come mai?
    Attacca poi il vegliardo, con fare dimesso ed una voce che pare provenga dall'aldilà, a secca e precisa domanda di Floris,risponde:
    -Evidentemente Conti (così lo chiama), ha capito che noi, siamo un'opposizione responsabile e non menzognera.
    Poi, quasi rinfrancato prosegue:
    -Questo non è il momento della polemica, ci dobbiamo rimboccare le maniche stringerci tutti attorno al paese.
    Infine, la stoccata, del vecchio marpione:
    -Ora ci interessa di aiutare Conti, a non rinunciare al Mes, perché rinunciare ai 36/37 Miliardi, ora che la Ue ci ha assicurato, che tale strumento non sarà usato per il Covid, come fu usato in passato?
    Cacchio....”. Mi dico “......Ha colto ancora una volta l'attimo, si propone come stampella al governo, in caso di defezioni, all'interno del Movimento 5 Stelle. Se il prossimo 23 aprile, quando si troveranno i capi di governo, per chiudere la trattativa Europea messa in piedi all'Eurogruppo, Conte ora, può permettersi di considerare anche il vituperato Mes”.

    Se son rose.......intanto il vecchio......si rimette ancora in....giuoco(come lui amerebbe dire)....certo penso presto si udranno.....urla e schiamazzi vari....attorno alla vicenda o chissà.....sarà stato solo un mio trip.....dovuto all'eccesso di noia da Coronavirus!!!

    mercoledì 1 aprile 2020

    GIORGIO, LIVIO E LA PESTE DEI MERCATI


    Giorgio e Livio, visto che al circolo anziani non si possono più incontrare, ora hanno scoperto la videoconferenza su Whatsapp e non rinunciano alle loro discussioni. Il calcio è sempre stato il motivo conduttore dei loro confronti verbali.
    Ma ora in tempo di Coronavirus dopo un paio di settimane che sono chiusi in casa con una paura matta di beccarsi la polmonite, non ne possono più di pontificare sull'epidemia. Hanno già detto tutto e il contrario di tutto. Però non rinunciano alla solita disputa mattutina.
    Giorgio ieri pomeriggio, ha ricevuto una mail dal suo consulente bancario e come si aspettava gli è arrivata una mazzata pesantissima. Il loro dialogo ora si sposta sulla borsa:
    Basta non se ne può più!!! Chiudiamoli questi mercati finanziari. Attacca Giorgio.
    Livio, ha pronta la replica:
    Dai Giorgio, sarebbe come spaccare il termometro, quando hai la febbre alta.

    Ora si accende la discussione, loro sono dei tuttologi e ora il loro orizzonte è andato oltre il Covid-19, si cimentano sulla crisi economica che ne seguirà.
    Ti ripeto Livio, non ha senso tenere aperto i mercati in questa situazione.
    Ma Giorgio, se non ti fosti così gasato tre mesi fa, ora non diresti così, ti ricordi cosa sbandieravi a tutti davanti al bancone del bar:
    Tranquilli fino a che Trump non sarà rieletto le borse saliranno, voi cagasotto, vi accontentate delle briciole, io resto azionario al 80%, fino alla sua rielezione.
    Non l'avesse mai ricordato, ora Giorgio è una furia:
    Ma sei proprio uno stronzo e rabbioso interrompe la videochat.
    Si butta sul divano, ha voglia di piangere, non gli bastava la paura del virus, ora anche la falcidia dei suoi scarsi risparmi.
    Accende la Tv, intervistano Pregliasco, con tutta la prudenza del momento, azzarda che:
    Finalmente ci sono timidi segnali, pare che almeno in Italia stiamo raggiungendo il picco.
    Ora si sente un pò meglio, in fondo ne ha viste già tante, in questi settanta e passa anni. Si collegano poi con la borsa di Milano, danno gli ultimi aggiornamenti è in atto un forte rimbalzo delle quotazioni. Sa benissimo, che per per quel che gli resta, forse non riuscirà a riprendere mai più, quel che ha perso in queste ultime due settimane. Ma intanto sente un po' di conforto ed è pronto a mettersi ancora in ballo e domani non le manderà a dire a quel carissimo stronzo di Livio:

    Qui stavolta ci vuole coraggio, non possiamo cavarcela con il solito compitino, come pensate di fare fare voi, posapiano!!!

    MINA COMPIE OTTANT'ANNI- TERZA ED ULTIMA PARTE

    ADDIO ALLE SCENE
    L'addio alle scene era già stato annunciato da Mina nel 1972, anno in cui per tutta l'estate aveva tenuto una serie di concerti accompagnata da una grande orchestra composta da eccellenti musicisti (tra i quali Gianni Basso e Oscar Valdambrini). Proprio alla Bussola di Marina di Pietrasanta (nella serata del 16 settembre) viene registrato il video-live Dalla Bussola, e di fatto questo rimane l'unico concerto di Mina di cui esiste una ripresa filmata ufficiale. Nel 1973 esce il doppio album Frutta e verdura/Amanti di valore, il primo costituito da inediti (ad eccezione de La pioggia di marzo, brano composto da Antônio Carlos Jobim), il secondo "a tema", con brani scritti da Carlo Pes su testi di Franco Califano. Il successo arriva subito, il disco scala infatti tutte le classifiche di vendita a pochi giorni dalla pubblicazione, e in seguito, quando i due album verranno separati, Frutta e verdura risulterà, con 1 000 000 di copie vendute, uno dei dischi di maggior successo incisi dalla cantante. Nello stesso anno Mina riappare nei caroselli per la Cedrata Tassoni, e fa un'unica apparizione televisiva in Hai visto mai?, dove presenta il singolo Lamento d'amore. Nello stesso anno, si verifica un evento tragico per la vita privata della cantante: Virgilio Crocco, suo ex-marito e padre di Benedetta, rimasto un grande amico in ottimi rapporti con Mina, muore l'8 ottobre investito da un'auto a La Crosse, nel Wisconsin, mentre rientra in albergo in compagnia di un amico. Le circostanze della vicenda non vennero mai chiarite, si ipotizzò che fosse stato un pirata della strada alla guida della vettura, o addirittura un gesto intenzionale in quanto il giornalista in quel periodo stava indagando riguardo ad alcuni fatti scottanti. Mina non parlò mai in alcun modo pubblicamente dell'accaduto. Nel 1974 esce Baby Gate (abbinato a Mina), che ripropone nel titolo il nome della "prima Mina"; il disco raccoglie una selezione di brani degli anni cinquanta per la più parte americani, da sempre amati dalla cantante. Particolare cura viene riservata agli arrangiamenti, allo scopo di mantenere intatte le atmosfere e le sonorità d'epoca. Grandi vendite anche per questo album, che raggiungerà quota 600.000. Il 1974 è anche l'anno del suo ultimo show televisivo, Milleluci, condotto con al fianco un'allora emergente Raffaella Carrà. Poco tempo prima della trasmissione Mina aveva dichiarato in un'intervista: «Sono stata molto male, dopo Milleluci non canterò più», infatti sua è la sigla finale Non gioco più, nel cui testo sembra esserci un presagio al suo imminente ritiro. L'addio televisivo avviene in grande stile, infatti questo programma può essere definito l'ultimo grande show della televisione italiana a cui partecipa. Il ritiro dal video appare definitivo, anche se la radio la vede ancora partecipare a Gran Varietà nel 1979. Nel 1975 Mina incide un brano considerato a tutt'oggi tra i più rappresentativi della sua discografia: L'importante è finire. Quando viene pubblicato ha la "vita difficile", a causa del testo scritto del cantautore Cristiano Malgioglio, ritenuto troppo osé dai dirigenti della RAI che lo censurano per qualche tempo. Nel 1976, in diretta da uno studio di registrazione di Roma, presenta Colpa mia nel corso della trasmissione della Svizzera Italiana Dal Ticino con simpatia. La sigla finale del programma Mille e una luce (estate 1978), in cui Mina canta Ancora ancora ancora in modo particolarmente ammiccante (anche in questa occasione interviene la censura, con la riduzione dei particolari sulla bocca), è ufficialmente la sua ultima apparizione televisiva. L'importante è finire e Ancora ancora ancora, scritte per lei da Cristiano Malgioglio, vengono quindi portate al successo da una Mina sempre meno visibile sui teleschermi, ma sempre più libera, audace nelle proprie scelte musicali e nella gestione della sua carriera di cantante.

    Poi il 23 agosto 1978, quell'ultimo leggendario concerto alla Bussola di Marina di Pietrasanta. 

    martedì 31 marzo 2020

    S.VALENTINO A CERRETO GUIDI.... LA SCOPERTA DI ISABELLA

    In altre occasioni per festeggiare, non ci avrei pensato un attimo, avrei preso un last minute, un bel volo aereo e via verso un luogo esotico. Ma in questo incredibile febbraio, segnato dal Coronavirus, molto meglio guardarci attorno”.
    La consuetudine ormai consolidata per Manuel ed Elisabetta, era di prendersi due tre volte all'anno, una settimana ogni tanto e andarsene lontano, tanto dicevano:
    Avremo tempo e modo, quando saremo più vecchi, per girare attorno a casa.
    Questa volta no, non se la sentono. In particolare Manuel, si è fatto prendere dalla psicosi, di questo nuovo virus e sta cercando di convincere anche Elisabetta. Che pure scossa, tenta ancora per un attimo di dissuaderlo:
    Via Manuel non esagerare, fino a domenica scorsa mi sembravi ancora convinto di partire per Madeira. Dopo la cerimonia nella cappella di Santa Apollonia a Sasso Marconi, mi sembri un'altro?
    E' evidente, Elisabetta ha colto nel segno, Manuel è rimasto coinvolto nel racconto, fatto dal parroco, durante la commemorazione:
    Era il 1631, Claudio Achillini amava ritirarsi qui a Sasso nella sua Villa, oggi ancora esistente e che tutti conoscono come Villa Fanti, posta in Via Helston proprio di fronte all'Oratorio di Santa Apollonia.
    Anche a quei tempi purtroppo scoppiavano le pandemie, come avviene oggi con il coronavirus. Si trattava della peste bubbonica, la stessa descritta dal Manzoni ne”I promessi sposi”. Scampò il pericolo di ammalarsi e in segno di riconoscenza verso Santa Apollonia, alla quale si era rivolto per chiederle aiuto, fece edificare l'oratorio, che rappresenta ancor oggi uno dei pochissimi edifici antichi del piccolo centro cittadino. Per evitare di mescolarsi con la gente, forse timoroso ancora di prendersi la peste, Achillini fece costruire una galleria che collegasse la villa all'oratorio così da recarvisi in tutta sicurezza per compiere le sue devozioni. La galleria purtroppo oggi non esiste più perché distrutta a causa dei lavori di ristrutturazione della via Helston.
    Lui Manuel somatizza, forse anche troppo. Ma alla domanda di lei, cerca di nuovo una via di fuga:
    Dai approfittiamo, di questo clima incredibile ci sono quasi 20 gradi anche qui, di solito scappiamo lontano da Casalecchio, perchè in questi giorni, l'inverno ormai ci sta addosso. Ma questo cielo azzurro e questa temperatura sono ideali per scoprire i luoghi Leonardeschi!!!
    Lei, con un sorriso beffardo:
    Mah, fammi il piacere, da quando ti sei convertito......al viaggio culturale?
    Lui: 
    Si è appena concluso, il Cinquecentesimo, dalla sua morte, molte volte l'anno scorso, ti ricorderai abbiamo detto, quanto sarebbe bello passare un fine settimana a Vinci e dintorni, in un bel posto, noi due soli. Ti dirò che ho adocchiato sul Web un bel Agriturismo a Cerreto Guidi, proprio a pochi chilometri dalla casa natale del grande Leonardo. E' immerso nel territorio collinare tra il Montalbano e il fiume Arno. Lontano dalla folla e dalla confusione, offre l’opportunità di conoscere la vita autentica della Toscana, assaporando le specialità ed i piaceri della cucina tipica del luogo. 
    Elisabetta, ora sembra placarsi:
    Me ne farò una ragione, l'unica freccia al tuo arco è questo tempo meraviglioso, questo cielo terso e questa bella temperatura che in febbraio a mia memoria ricordo di rado, via l'hai vinta tu facciamoci questo week end. Ma prima o poi a Madeira, mi ci porterai?
    Certo, ma ora tutte queste formalità, negli aeroporti, proprio non mi vanno proprio. Tra l'altro, tu sei appena tornata, dalla fiera di Dusseldorf, la scorsa settimana e oltre tutto, sei stata flagellata nei tuoi spostamenti dalla tempesta Ciara.
    Già, lei pensa, Manuel non ha tutti i torti, che disagio ogni mattina alle sette e mezzo, attraversare la città sotto quel flagello di vento a quasi 130 Km orari e quella pioggia torrenziale. Unica consolazione Sigrified vicino......Tronca qui ogni pensiero e:
    Forza, Manuel hai vinto tu, ora preparo lo stretto indispensabile e venerdì mattina si va.
    Sono le 8 esatte del 14 febbraio 2020, Elisabetta fissa data e ora del ticket autostradale che gli passa Manuel al casello di Casalecchio di Reno, è distratta immersa nei suoi pensieri, lei a differenza di lui che è abituato a fare una cosa alla volta, divaga nello stesso istante su più cose.
    Subito dopo Sasso Marconi, le prime gallerie, ancora ampie a 3 corsie, si alternano l'una dopo l'altra, il sole ed il cielo terso, li rendono di buon umore. In particolare Manuel, si sente già un po' rigenerato e giunto alla biforcazione tra la comoda variante di valico e la vecchia panoramica, opta per quest'ultima. Dopo un'ora circa, sulla Firenze, Pisa, Livorno, nei pressi di Empoli, lasciano la superstrada e salgono le dolci colline verso Vinci, la loro prima meta è la casa natale di Leonardo. Qui rivive soprattutto il rapporto fra Leonardo e il territorio vinciano e del Montalbano attraverso i numerosi disegni multimediali che testimoniano inequivocabilmente la sua assidua frequentazione di quei luoghi. Un ologramma a grandezza naturale, intrecciando video, teatro e documentario, dà voce ad un Leonardo vecchio e stanco che dalla sua ultima dimora di Amboise volge lo sguardo al passato per narrare le frequentazioni, gli studi, le vicende che lo legarono a queste terre. Poi, nella casa colonica adiacente alla dimora natale, la sezione dedicata all’Ultima Cena ed espone la riproduzione digitale ad alta definizione dell’opera, proiettata su parete in scala 1:2. 
    E' fatta! dice soddisfatto Manuel. Elisabetta, sorride, ed a sua volta aggiunge:
    Sono le 11,00, che si fa? 
    Manuel, sul momento rimane un attimo indeciso, poi le indica un sentiero che è pure segnalato da un cartello:
    Strada Verde
    Vinci 3KM
    Ah, davvero una passeggiata di salute, commenta Elisabetta.
    Dai 3 ad andare, poi un bel pranzo ed un caffè in paese e ritorniamo, già digeriti, il tempo oggi ce lo permette di sicuro. 
    Raggiungono Vinci, non è ancora mezzogiorno, si guardano attorno anche qui un Museo dedicato soprattutto alle macchine Leonardesche, ma ne hanno a sufficienza della casa natale. Si guardano attorno per pranzare e proprio li accanto un ristorantino con l'insegna ed una capotta amaranto, una entrata semplice in legno nei montanti e nella parte inferiore e tre vetrate nella parte superiore. All'interno le pareti sono in pietravista , i tavoli e le sedie pure in legno con la spalliera a listarelle incrociate in trasparenza. Una grande credenza pure nello stesso legno con alcune vetrinette che contengono stoviglie e bicchieri. Poi un bel terrazzo, con vista panoramica. Peccato nonostante il tempo splendido, ora è ancora impraticabile. 
    Non è una trappola per turisti!
    Così li accoglie con la tipica parlata, la proprietaria. 
    Qui, ci si lavora solo io e mio marito. 
    Che appare, uscendo dalla cucina e si presenta a sua volta. Sono due ultrasessantenni entrambi molto loquaci. Lei ha un caschetto di capelli color mogano ed una corporatura un po' appesantita dai fianchi in giù, Lui pure grassottello e stempiato, con un pizzetto grigiastro. Prima di ritornare in cucina, dà loro un consiglio: 
    Non lasciate, le nostre colline, prima di conoscere la legenda nera di Isabella, la signora De' Medici, son passati quasi cinquecento anni non solo per il nostro grande Leonardo, ma anche per lei eppure, qui è ancora vivo il suo ricordo. Oggi l'è...S.Valentino e chi più di lei....ha amato....non saprei.
    Entrano, altri avventori, ed il discorso si interrompe qui.
    Leh,un chiacchierone, il mi marito.....Crostino Toscano, fettuccine al ragù, Ribollita, polpette di noci, tagliata o bistecca all'olio santo e torta, tutto buono..che vi do ragazzi?
    Intanto parte in sottofondo.....Michael Bublé. 
    Tutto fantastico, mangiano con grande piacere, Il Crostino, ed una tagliata coi fagioli all'ucelletto. Un caffè e via in un soffio i 3 chilometri del ritorno alla casa natale di Leonardo. Ora è rimasta loro, una grande curiosità.....scoprire la leggenda nera di Isabella.

    Ora Manuel, sarà l'effetto combinato della soddisfacente mangiata e della tranquilla passeggiata, è sereno, Elisabetta come al solito è una sfinge. Salgono sul grosso Suv, lui avvia il navigatore ed accende l'autoradio e via verso l'agriturismo di Cerreto Guidi. Pochi minuti per raggiungere l'agriturismo indica il display multimediale nel riquadro della mappa interattiva. Contemporaneamente il Gr con le ultime news. In primo piano anche oggi il tormentone sul “ Blocco della Prescrizione”, Renzi continua a minacciare la crisi di governo e già si ventila prossimo il ricorso alle urne. Qui arriva all'unisono il commento dei due, una volta tanto sono d'accordo:
    Non se ne può più, ma di sicuro alla fine, un accordicchio lo troveranno.
    Puntuale poi l'aggiornamento, sulle ultime del Coronavirus:
    Domani finalmente sarà in Italia Nicolò, il diciasettenne, lasciato in precedenza a terra febbricitante, per ben due volte in quel di Wuhan. Poi il consueto bollettino giornaliero dallo Spallanzani, il giovane connazionale contagiato é in buone condizioni e la coppia di Cinesi stazionaria e in perenne terapia intensiva. Qui Manuel, perde già l'aplomb:
    Ma questi due, non li avranno messi in frigo è ormai da un paio di settimane, che sparano la stessa stucchevole versione.
    Poi la goccia, che fa traboccare il vaso, quando lo speaker comunica:
    Si registra inoltre il primo caso in Egitto, anche l'Africa ha il suo primo caso di contagio.
    Ma va a fan culo e spegne stizzito la radio.
    Sono arrivati intanto a destinazione. Effettivamente la sua scelta non poteva essere migliore e ciò lo rassicura, lui è fatto così, un carattere in pieno conflitto prima di tutto con se stesso, tra alti e bassi.
    Posto su una dolce collinetta l'agriturismo si presenta come un villone di color giallino, con un tetto di rosse tegole ed una torretta laterale molto caratteristica. E' preceduto da un vialetto di cipressi che fanno da corona al caseggiato stesso.
    Vedi - dice ad Elisabetta:
    Noi pernotteremo proprio lassù, nella torretta.
    Molto romantico. Ribatte lei, con fare distratto.
    Li accoglie, Cristina la perfetta padrona di casa. Una donna raffinata e di bell'aspetto sulla quarantina. Illustra loro le peculiarità dell'azienda agricola, invitandoli prima di tutto ad assaggiare i vini della casa:
    Venite vi mostro le cantine e vi offro un assaggio del nostro Chianti.
    Tra le botti ed i tini di rovere, viene offerto loro, il rosso di casa, una vera eccellenza del territorio.
    La padrona di casa, li intrattiene piacevolmente, dicendo loro:
    Queste colline, oltre alla patria del genio Leonardesco, per cui tutti venite a farci visita; erano il territorio di caccia e pesca dei Medici. La grande famiglia, ha costruito, qui a fianco proprio al centro del paese, la loro residenza di caccia, non dovete mancare di visitarla, ve lo consiglio. Oltre che una villa storica, vanta la storia fantastica che affascina ancora oggi, al pari del nostro più illustre concittadino. Qui in memoria, della morte della protagonista Isabella De' Medici, ancora oggi ai primi di luglio, con una grande rievocazione, la ricordiamo e la commemoriamo.
    Già al ristorantino di Vinci, interviene curiosa Elisabetta, l'oste ci ha detto della leggenda nera, che ancora la circonda.
    Intanto Manuel, ancora si attarda distratto nel''assaggio: Le due donne, argomentano sulla vicenda, in particolare Elisabetta, insiste chiedendo:
    Immagino ci sia la possibilità di fare una visita guidata?
    Certo, la mia amica Luciana è colei che meglio vi potrà accompagnare nella visita, se lo desiderate, la posso chiamare e fissare per domani mattina.
    Elisabetta, gira la proposta a Manuel, ancora intento all'assaggio, acconsente:
    Di sicuro, ottima idea!
    Ora si spostano nel verdissimo giardino, Cristina mostra loro anche la piscina e scherzando:
    Magari se tornerete per la festa di Isabella, vi farete una rilassante nuotata e una pennichella all'ombra de' cipressetti!
    Conclude poi, illustrando loro, che la cena sarà preceduta, da un aperitivo alle 20.
    Ora si ritirano lassù nella torretta. Elisabetta si accosta alla finestra e scosta la tenda, lo sguardo spazia sulle colline sembrano pettinate, un alternarsi di prati e vigneti, fino al borgo di Cerreto. Il pomeriggio è bellissimo, il sole sta per tramontare, il cielo azzurro e un sesto senso la spinge sempre più verso la vicenda di Isabella De' Medici. Ora ha capito dalle parole di Cristina che proprio lì in quel borgo che appare tra gli ultimi raggi, prima del calar del sole, si decise la sorte di Isabella in modo tragico. Cristina, non le ha anticipato altro, perché le ha detto:
    Luciana è molto più preparata di me e vi saprà coinvolgere, in quella fu una torbida vicenda, di vita e di morte, che è giunta fino ai nostri giorni, perché oltre che controversa, presenta ancora risvolti irrisolti. Da un lato una versione ufficiale. Dall'altro i dubbi e una credenza popolare fondata, dai veleni di un passaparola fatto di pettegolezzi, non ancora del tutto sopiti. Oggi diremmo una vicenda contrassegnata da una comunicazione ricca di “fake news”.


    Dopo la visita, al museo della villa Medicea, ora Luciana, li conduce nella camera in cui Isabella nella notte tra il 15 e 16 luglio 1576, concluse la propria esistenza. Davanti al letto a baldacchino ancora oggi presente nella stanza, spiega loro:
    Negli anni Sessanta e Settanta del Cinquecento intorno a lei si muove il mondo intellettuale fiorentino e moltissimi artisti, letterati, musici e poeti le dedicano le loro opere come vera signora di Firenze e patrona delle arti. Ma è anche una donna estremamente moderna per i suoi tempi, impegnata nel sostenere e valorizzare il contributo intellettuale femminile e nel difendere l’autonomia della donna in seno alla famiglia. Un carattere allegro e vivace che ama la vita all’aria aperta, la caccia, i cavalli e l’equitazione, le feste, i balli, i divertimenti. Nella villa di Cerreto invita amici e alleati, organizza battute di caccia e intesse una rete di relazioni grazie anche alle quali il padre otterrà il titolo di Granduca. Dopo la morte prematura delle due sorelle Maria e Lucrezia ed in particolar modo quella della madre Eleonora, Isabella diviene il cuore della corte medicea e la figura femminile di riferimento della famiglia. Ruolo questo che le è riconosciuto anche dalle altre corti, al punto di sostituirsi al padre in alcune visite ufficiali.
    Nel 1574, muore il padre Cosimo I a lui succede il fratello Francesco I, che già da diversi anni fungeva da reggente del Granducato Toscano in nome di suo padre. La morte del padre Cosimo, rappresenta lo spartiacque, nella vita di Isabella e del suo ruolo, in società.
    Luciana, interrompe per un attimo, il racconto e spiega loro che il fratello di Isabella, pur esercitando da almeno un decennio tale ruolo, era stato completamente oscurato dalle iniziative della sorella. Con la morte del padre le cose cambiarono radicalmente. Ma di tutto ciò nulla risulta a livello ufficiale.
    Isabella continua a essere definita dai contemporanei la stella dei Medici’, una stella che cerca di illuminare Firenze e la corte medicea come in passato aveva fatto Lorenzo il Magnifico. Ha goduto fino alla morte del padre di una salute di ferro, ma dal momento che si spegne Cosimo I, secondo i biografi ufficiali, anche lei comincia ad essere soggetta, ad una sorta di malcaduco, complicato da una infezione alle vie urinarie, che la porteranno a spegnersi comunque improvvisamente, in quella notte fatale.
    Luciana fa una pausa ulteriore, immagino che la mia amica Cristina, vi abbia anticipato, che mai dalle nostre parti, questa versione dei fatti sia stata accettata.
    Infatti, è proprio questo, mi ha fatto intendere! - Interviene pronta Elisabetta.
    Nei nostri territori - Riprende il racconto Luciana – Ben presto si accende una leggenda, alimentata nel tempo dalla letteratura romantica:
    La “leggenda nera” della morte di Isabella. La tradizione popolare attribuisce la sua scomparsa prematura al suo assassinio per mano del marito Paolo Giordano Orsini, certamente con l’assenso di Francesco I de’ Medici, fratello di Isabella.
    Il marito si assentava per lunghi periodi a causa di impegni militari. Era però gelosissimo tanto che decise di farla sorvegliare dal cugino Troilo Orsini, uomo bello e colto. Come da copione i due si innamorarono e diventarono amanti. L'Orsini infine si finse un prete confessore e, nella cappella privata della famiglia, proprio qui la villa di Cerreto ascoltò la verità direttamente dalla bocca della moglie. Accecato dalla gelosia, il marito decise di vendicarsi. La sera stessa raggiunse Isabella nella sua camera e, congedata la servitù, la strangolò con un nastro rosso appeso al soffitto.
    Da allora si racconta che il fantasma della povera Isabella, non avendo trovato pace, vaghi per la villa e per le campagne che lo circondano.
    Sulla via del ritorno, ormai a casa, commenta:
    Sono proprio contento, della scelta fatta, questo week end, è stato finalmente diverso, dai soliti viaggi all'estero fatti di Villaggi turistici, di toccate e fughe, senza mai comprendere un vero perché!
    Ne convengo anch'io, avevo davvero bisogno, di qualcosa di diverso, che mi aiutasse a capire ed a ritrovare me stessa. Di sicuro domani, partendo per la settimana della moda Milanese, avrò le idee più chiare.
    L'uscita autostradale, questa volta è quella di Funo di Argelato. Lì accanto il Centergross, dove si sono conosciuti ragazzini, proprio come Isabella e Paolo Giordano Orsini. Lei, modellista uscita dal corso biennale delle Fioravanti, che dopo il sogno di bambina di vestire le bambole, si afferma progressivamente. Si perde,un attimo con Manuel e si mette con Agostino che la finanzia per mettersi in proprio e da lui, oltre che consigli finanziari riceve il seme per mettere al mondo Rita. Seguono anni di lavoro forsennato, a testa bassa, arriva la fortuna economica sempre più grande, poi la malattia di Agostino e la sua morte. Lei una sera, ritrova Manuel, lui fa sempre il commesso lì al Centergross. Scocca di nuovo, la scintilla, in fondo lei che ha un forte carattere ha bisogno di un tipo come lui. Lui ora si licenzia, lascia anche lui il Centergross e diventa il suo Chauffeur, dopo un anno nasce anche Luca, e lui fa anche da buon papà a Rita.
    Ohh, Elisabetta, siamo arrivati!
    Scusa, mi ero distratta, sai stavo pensando a tutte le cose che devo fare da domani a sabato prossimo. Ciò che non gli dirà mai, è che ha deciso di scaricare Sigfried. L'esperienza di questo week end le conferma anche ciò che era solita dire sua mamma. Aveva avuto quattro figli, da due uomini differenti che aveva perso entrambi con loro ancora piccoli:
    La cosa veramente importante è avere accanto,qualcuno su cui puoi contare, non solo per una notte.

    Elisabetta sa, che nonostante tutto, Manuel da questo punto di vista è una garanzia assoluta, per lei ed i suoi figli.