mercoledì 29 luglio 2020

CENERENTOLA TI HO FOTTUTO


Non volevo solo creare e vendere vestiti, ma ideare uno stile di vita”. Una imprenditrice e una mamma. In una parola una donna, Elisabetta Franchi, che oggi veste i vip d’Italia e del mondo, ma che a dispetto dell’appartenenza a questo mondo dorato ha dovuto fare fronte a numerose sfide prima di raggiungere il successo.



Elisabetta Franchi nata nel 1968, quarta di cinque figli di una famiglia bolognese di umile estrazione, guidata da una madre forte che tra mille sacrifici cresce da sola i bambini: anni dopo Elisabetta ricorda come proprio l’assenza di un padre e le difficoltà, la passione e la determinazione di una rivalsa l’abbiano portata a seguire il suo sogno con caparbietà. Studia con grande sacrificio all’Istituto Aldrovandi Rubbiani di Bologna e il suo ingresso nel mondo della moda ha origine proprio lì, mentre si mantiene con lavori saltuari, come la commessa, professione che le insegna a prestare attenzione al gusto delle consumatrici e ad ascoltare le loro esigenze. Un insegnamento fondamentale che non dimenticherà e che sarà la base del suo futuro successo professionale.
Poi, l'ascesa attraverso le seguenti tappe:
Nel 1996 la designer apre un piccolo atelier, dove comincia a dare forma alle sue idee e a realizzare i primi capi, seguendo il suo istinto, con appena 5 collaboratori (oggi sono circa 300).
Nel 1998 nasce la Betty Blue S.p.a. che produce la collezione CELYN b, un nome che rievoca l’eleganza dello stile parigino e in cui la lettera “b” sta per “Betta”, diminutivo della designer.
Nel 2006 la designer acquista una vecchia ditta farmaceutica dismessa che, nel 2008, dopo due anni di progettazione e ristrutturazione, diventa l’headquarter della Maison: oltre 6.000 metri quadrati di bellezza moderna e funzionale, stile Miami, immersa nella campagna bolognese. Il restyling, nel pieno rispetto dell’architettura eco-sostenibile, ha restituito nuovo splendore al building esprimendo pienamente la passione che Elisabetta Franchi ha sempre coltivato, accanto alla moda, proprio per l’architettura e il design.
Dal 2012 la designer sceglie di firmare con il proprio nome le sue creazioni, dando vita all’omonimo marchio, ELISABETTA FRANCHI.
Nel 2013 è Milano la location scelta per l’apertura del suo primo showroom direzionale, in Via Tortona 9, un’intera palazzina di 950 mq, sviluppata su 6 livelli.


“Il nostro è stato un amore clandestino, un amore impossibile. Lui aveva già un’altra famiglia ma io non volevo essere l’eterna seconda e l’ho messo davanti ad una scelta. Una domenica lui è venuto da me e non è più andato via. Siamo stati insieme 17 anni” Sabatino Cennamo è stato il primo marito della stilista Elisabetta Franchi: cosa sappiamo di lui?

Sabatino Cennamo era il marito di Elisabetta Franchi, colui che per primo ha creduto in lei. Il loro è stato un grande amore, che ha visto la nascita di una bellissima bambina e che si è spento all’improvviso a causa di una malattia. Chi era l’imprenditore che ha saputo riconoscere l’immenso talento della stilista?

Elisabetta Franchi: chi era l’ex marito

Elisabetta Franchi ha avuto una vita tutt’altro che facile. La stilista della nota casa di moda, ad oggi una delle più apprezzate al mondo, ha dovuto faticare tantissimo per arrivare dov’è ora, ma tutto ciò non sarebbe stato possibile se nel suo cammino non avesse incontratoSabatino Cennamo. I due si sono incontrati a Bologna, all’Imperial, dove Elisabetta era arrivata in cerca di lavoro dopo aver abbandonato la scuola.



La Franchi, cresciuta senza padre, ha iniziato a corciarsi ben presto le maniche perché a casa mancavano i soldi e lei non poteva fare altrimenti. Quando è stata assunta all’Imperial di Bologna ha incontrato Sabatino. Lui era già sposato, ma non ha potuto fare a meno di notare quella donna piena di talento. Pian piano, Elisabetta e l’imprenditore si sono innamorati e hanno iniziato una storia clandestina. Quando la Franchi si è stufata di vestire i panni dell’amante ha imposto a Cennamo una scelta: o lei o la sua famiglia. L’uomo ha scelto di seguirla, non solo da un punto di vista sentimentale, ma anche lavorativo. Nel 1998 hanno fondato insieme la società Betty Blue che, nello stesso anno, ha presentato la prima collezione.
La storia d’amore tra Elisabetta e Sabatino, anche se all’inizio non prometteva nulla di buono, è andata avanti per ben 17 anni ed è finita a causa di una terribile malattia.
Nel 2008 Cennamo è morto dopo un anno di lotta contro un male che non gli ha lasciato scampo. L’imprenditore, prima di spegnersi, è riuscito a vedere la nascita della loro prima figlia Ginevra. La bambina, che oggi ha 12 anni, non ha alcun ricordo del papà perché quando lui è morto lei aveva soltanto un anno. Nonostante, tra la Franchi e il marito ci fossero più di vent’anni di differenza d’età, i due non hanno mai avuto problemi e soltanto la malattia è stata in grado di separarli. Come ha raccontato la stilista nel suo documentario Essere Elisabetta”, Sabatino ha visto solo la nascita della casa di moda, ma non l’impero che negli anni è diventata. Nonostante questo, all’ingresso della maison, la Franchi ha voluto mettere una fotografia di Cennamo perché è soltanto grazie a lui se oggi ‘EF’ è un brand noto in tutto il mondo.

DALLA BAMBOLA DI STRACCI ALLA BORSA VALORI
“Eravamo 5 figli. Non ho potuto finire la scuola, servivano i soldi: cosi ho iniziato a lavorare a Bologna al mercato come commessa alle bancarelle, e lì ho imparato la sensibilità commerciale. Poi ho proseguito per sei mesi nel fine settimana facendo la barista e prendendomi la leadership, fino ad essere assunta in un’azienda, la Imperial di Bologna che realizzava, e lo fa ancora, il fast fashion, ossia il cosiddetto pronto moda. La fortuna dell’azienda erano i titolari, Emilia – tosta con carattere forte come il mio – ed Adriano. Ma soprattutto il loro amministratore delegato Sabatino Cennamo che è poi diventato mio marito: è stato lui a prestarmi i soldi per spiccare il volo e iniziare la mia attività imprenditoriale. Vedeva lungo, credeva in me e ha avuto ragione”. Oggi la società vale 123 milioni di euro di fatturato, 15,1 milioni di utile e un margine operativo di 21 milioni di euro. Se gli si chiede quale crede sia stato il segreto che le ha permesso di arrivare a questi numeri, lei risponde con un ricordo dell’infanzia: A 7 anni giocavo con una bambola a vestirla anche con stracci ritagliati. Ho solo proseguito ascoltando il mio istinto. Ai giovani dico solo: non cercate il successo o la fama, cercate di fare ciò che vi piace, ma di fare.”  Elisabetta Franchi è sorridente, emoziona e si emoziona. Appare vera, genuina. Anche quando racconta che “il mondo della moda è spesso frainteso: non è solo luccichio, cocktail ed aerei privati. E’ faticosissimo: ci sono tre collezioni a stagione da preparare, e a scuola la fatica non la insegnano. Ma la prima volta che vidi indossare un mio abito a Los Angeles capii che il mio percorso era corretto”. E proprio negli Stati Uniti Elisabetta ha visto iniziare il fenomeno delle testimonial per le sue collezioni, tra le prime anche Angelina Jolie: “Donne bellissime, che non ho mai dovuto pagare perché indossassero i miei abiti”, sottolinea.
Qualche anno fa, quando il marchio era già cambiato rispetto a quello, molto anonimo, di Celyn B ma il fatturato era ancora lontano a quello di oggi (la signora cresce ora al ritmo del sei-dieci per cento all’anno, percentuali sconosciute alla maggior parte dei suoi competitor), fu invitata a parlare agli studenti in Sapienza. Si schermì per qualche mese; poi, complice la sua pr, Silvia Negri Firman, donna di polso cresciuta alla scuola durissima di Calvin Klein, finì per accettare. Arrivò senza un filo di trucco con i capelli annodati in una treccia, si scusò in partenza per eventuali strafalcioni sintattici, appoggiò sulla cattedra una bambolona di pezza con i capelli neri come i suoi (ora è diventata bionda con gli anni e con gli agi) e raccontò la storia di una bambina cresciuta in una casa dove riscaldamento e luce c’erano quando la madre riusciva a tenersi accanto un uomo, con parecchi fratellastri a cui badare, e in cui l’unico patrigno durato più degli altri rappresentava un modello di comprensione e di amore fino a quando si attaccava alla bottiglia e allora bisognava infilare la porta il più in fretta possibile, perché gli usciva di tasca il coltello. In quelle occasioni, lei e i fratellini trascorrevano le notti all’addiaccio o pigiati nell’utilitaria, in mezzo alla strada, senza riuscire a prendere sonno, lei sapendo già che la mattina dopo sarebbe dovuta andare a scuola e il pomeriggio badare alla casa mentre quella mamma “che faceva molto affidamento sulla propria bellezza” cercava una soluzione per venirne fuori, forse.
Nell'aula Magna non volava una mosca.
Tanti avevano gli occhi lucidi. Elisabetta Franchi raccontò del primo lavoro remunerato in un bar, adolescente; evocò il mercato gelido, poi il salto a commessa in un negozio, quindi l’incontro con il primo marito, Sabatino Cennamo, piccolo imprenditore che era già sposato e questo fu l’unico punto che, se ben ricordiamo, tralasciò. Arrivarono gli aneddoti sul debutto nel pronto moda, la nascita della prima figlia, Ginevra detta Gingi a cui adesso è intitolata la holding, la morte prematura del marito per un tumore, la ripresa da sola, vedova trentenne con bimba a carico e con i prestiti da onorare, i Natali in ufficio e in magazzino, i viaggi col campionario in valigia per piazzare i capi dell’ultimo minuto nei negozi multimarca; poi la prima boutique, e la seconda e la terza (adesso sono ottantaquattro, con 1.100 multimarca riforniti) e la conquista di un posto al sole sempre più luminoso, fra l’ostilità dei colleghi e la tolleranza snobistica della Camera della Moda che, se vogliamo, non si è ancora dissolta, benché la produzione di Elisabetta Franchi sia quasi interamente made in Italy e sulle fonti di ispirazione siano tanti, di certo non solo i suoi designer, a guardarsi attorno prima di mettere la matita sul foglio. Chiuse l’intervento sul primo fidanzatino che è diventato il secondo marito, sulla nascita del secondo figlio, Leone, sulle associazioni che sostiene, facendo proselitismo, e sulla svolta animal free delle sue collezioni – niente pelliccia, meno pelle possibile – perché nella sua famiglia che non avrebbe mai definito disfunzionale perché nessuno le aveva mai spiegato che cosa fosse, si era sempre trovato il modo per sfamare gli animali abbandonati. Nel frattempo, la bambola osservava l’audience, copia conforme di quella che da bambina l’oratrice vestiva di stracci e che ora veniva venduta in migliaia di copie nei suoi negozi, provvista di un ricco guardaroba. Commosse, ma anche un filo insospettite da quella storia fin troppo verista e da tutta quella simbologia, conclusa la testimonianza in un tripudio di battimani e di richieste di selfie che non si sono più ripetute con quella spontaneità e quel calore, neanche per direttori creativi di levatura mondiale.
In quel mercatone del pronto moda che è il Centergross, dove Elisabetta e Sabatino avevano debuttato con i progetti di lei e i magri risparmi di lui, la signora Franchi ci era andata leggera. La realtà era ancora più drammatica. Per questo,  i suoi abiti da sirena e le tute sexy, le sue t-shirt con le frange di metallo altezza seno, il suo amore sfrenato per i luccichii e per i tessuti setosi. Per questo, i suoi account Instagram traboccano di commenti affettuosi e la sua moda piace tanto: perché piace, innanzitutto, lei. Scorrendo l’account aziendale, con i suoi quasi due milioni di follower, si trovano  manifestazioni di entusiasmo per quei tagli avvitati e per tutte quelle paillettes: la moda di Elisabetta Franchi permette alle donne di non lasciare mai il guardaroba di Barbie in modo definitivo; la sua storia consente invece di avvicinarsi al sogno di affermazione professionale femminile che quella bambola, per prima, ha postulato.
“Se vuoi puoi” è il motto della stilista, stampato su migliaia di t-shirt e che, ricorda molto da vicino quello di Walt Disney, un’altra figura di grande successo cresciuta in una famiglia dove le mani venivano alzate con facilità: “Se puoi sognarlo puoi farlo”.
Elisabetta Franchi, con la casetta sull’albero che si è costruita nel casale “di mille metri quadrati” ristrutturato alle porte di Bologna, non ha affatto “fottuto Cenerentola”. Piuttosto, ne ha sviluppato il sogno di riscatto fino all’ultimo mucchietto di polvere del camino, trasformandolo in paillettes. Dunque la gente, in un modo sconosciuto alle Miuccia Prada e alle Consuelo Castiglioni, di cui pure sarebbe difficile negare l’impegno civile e culturale, alla prima soprattutto, a “Betty Blue” si sente vicina. Le si rivolgono definendola una “leonessa”, tributandole gli onori del capo, o del capotribù. Gli amici bolognesi, senza troppi complimenti, la chiamano “la bestia”. Di  Elisabetta Franchi rappresenta un ulteriore unicum, nel mondo pur molto aperto e trasversale della moda, dove le nozioni di inclusione e di diversità vengono ormai incartate nella velina insieme con le scarpe a mille euro.
La sua biografia, in uscita in questi giorni per Mondadori, si intitola molto eloquentemente:
 “Cenerentola, ti ho fottuto”.

Sul mercato azionario il valore della Elisabetta Franchi Spa, in cui la signora conserverà la maggioranza, sarà pari a 195 milioni di euro.
Il racconto più meritocratico che abbiate sentito nell’ultimo anno e che al contempo conserva tutti i codici della fiaba classica, di cui si è qui appena accennato.
Inoltre ha di recente girato “Essere Elisabetta” ancora rintracciabile su Real Time e più di recente una puntata del programma Mediaset “Pensa in grande”, Elisabetta Franchi ha il coraggio di mostrarsi mentre la tata dei bambini riprende lei e il marito sugli usi sociali, e di scherzarci garbatamente sopra. Il mondo si sarà pure evoluto ai social network e all’ecommerce, ma il cibo, la sua abbondanza e la sua qualità, continua a essere un tema molto sentito lungo la strada dell’affermazione personale. In casa di Elisabetta Franchi pare misuri anche i rapporti famigliari, che lei difende in modo geloso ed esclusivo. Un recente post del secondo marito di Elisabetta, Alan Scarpellini, quasi 80mila follower, segnala desolato e un po’ divertito che non sa a che “ora si cenerà stasera”. Lui, infatti, che di sé posta solo immagini con i bambini o con lei e che nei due documentari interviene solo per raccontare come si siano conosciuti ed essere ripreso dalla moglie, fuori campo, che precisa e puntualizza, l’aspetta ogni sera a casa. Non è ben chiaro quale attività svolga, in realtà dichiara non saperlo anche la pr e nessuno pare ci badi granché. Di sicuro il signor Scarpellini,  di Elisabetta Franchi è il punto fermo, il focolare, la forza. La accoglie ogni sera, aspettandola al ritorno dall’ufficio per condividerne ansie e timori, i successi e le speranze. Si sono salvati a vicenda, il capofamiglia è in tutta evidenza lei. E anche questo ha il sapore di una favola. Fin troppo moderna per la società italiana, in effetti.

«Mi guardavo intorno da tempo perché credo che il sistema possa supportare lo sviluppo della società, che oggi realizza il 55% in Italia e il resto all’estero. Ho scelto la business combination con Spactiv, perché grazie al percorso dei promotori penso che questa operazione possa essere un abito perfetto cucito addosso» commenta con Il Sole 24 Ore Elisabetta Franchi, numero uno della società Betty Blue Spa, che aggiunge: «Presto andrò in Borsa italiana, domani i promotori della Spac mi affiancheranno nei passi successivi di crescita del brand anche all’estero». L’operazione avverrà tramite l’utilizzo da parte della Spac delle risorse raccolte in sede di Ipo, pari a 90 milioni di euro.  Elisabetta Franchi avrà una quota di maggioranza tra un minimo del 58,3% e un massimo del 65,1% della società. Una distribuzione capillare in tutto il mondo fatta ad oggi di 84 negozi monomarca, di cui otto outlet e circa 1.100 negozi multimarca che sono dislocati nelle città più importanti del mondo. «Elisabetta Franchi è una società che nella moda ha avuto un percorso lineare: ora potremo contribuire alla sua crescita con l’esperienza che abbiamo maturato. La società potrà arrivare ad un’altra dimensione e il fatto di essere in Borsa ed istituzionalizzarsi permetterà di accelerare il processo» commenta Maurizio Borletti, numero uno di Borletti Group, che prosegue: «La società ha conquistato il mercato italiano e sta andando all’estero con risultati molto positivi. È un brand che per natura, tipologia di prodotti e prezzi ha possibilità di diventare un marchio globale. La società ha una forte capacità di investimento grazie alla generazione di cassa e non ha debiti. Può sostenere, quindi, investimenti importanti. C’è un business plan in corso e questa operazione va nella direzione di accelerare lo sviluppo».


Betty Blue ha chiuso il bilancio 2018 con un fatturato di 115,6 milioni, un margine operativo (Ebitda) di 22,3 milioni e un utile netto di 15 milioni. Al 31 dicembre scorso la società, poi, aveva una disponibilità finanziaria di 9,3 milioni di cassa. Nel periodo 2016-2018, inoltre, ha distribuito dividendi per un totale di 30 milioni e ne ha già deliberati altri 15 milioni per l’anno in corso. Per l’anno in corso il fatturato di Betty Blue è stimato in circa 123 milioni, con una crescita del 6,4%. «La Borsa è uno strumento che ci permette di diventare un po’ più internazionale. In Europa siamo già abbastanza forti, ma vogliamo consolidare i mercati in cui siamo presenti. Nei passi futuri, poi, ci saranno la Cina e gli Stati Uniti» osserva Franchi, aggiungendo: «L’online è il nostro primo negozio: nel 2018 ha contato per circa 6 milioni e nel 2019 dovrebbe raggiungere i 10 milioni».
Il Cda rifletterà il nuovo assetto azionario, con Elisabetta Franchi che resta l’azionista di maggioranza e quindi ceo e l’entrata nel board di membri nominati dai promotori della Spac. Inoltre è previsto un rafforzamento progressivo del management per seguire lo sviluppo del business plan.

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