giovedì 8 gennaio 2015

LA BADESSA ED IL CAVALIERE

Si erano conosciuti poco più che bambini nel borgo di Ozzano, dove trascorsero assieme il periodo più bello della loro vita, tra scherzi innocenti e risa gioiose. Lucia dolce e graziosa, di animo fragile e di esile figura. Diatagora invece così robusto, già coraggioso ed audace, protettivo e rassicurante, pure se ancor fanciullo. Il gioco da loro preferito, lei si nascondeva e lui la cercava. Lei scappava come l'agnellino della favola e lui lupo famelico la rincorreva. Ma quelli che seguirono furono tempi di guerra.  E lui, cavaliere, partì per difendere il Sacro Sepolcro. Applaudito dai Signori, ammirato dalle donne e rispettato tanto dai compagni quanto dai nemici, Diatagora non visse un solo istante di quella nuova vita senza pensare alla sua Lucia. Era lei che lui voleva proteggere, e non esitò un solo istante quando gli fu offerto di tornare, da regnante, alla rocca. Ma Lucia alla rocca ad aspettarlo non c’era più. I giorni, i mesi, gli anni per lei ad Ozzano erano passati interminabili, nell’indescrivibile miseria e nella paura di rimanere sola. La speranza di un rapido ritorno si trasformò presto nel presentimento dell’illusione, e poi nella certezza dell’abbandono. Si era fatta monaca, Lucia. Presi i voti in Santo Stefano, fu destinata alla chiesetta di Settefonti, dove era stato costruito,  un piccolo convento. 
Il bel cavaliere percorreva a cavallo ogni mattina il sentiero sui calanchi per recarsi alla chiesa del convento. Lucia si era accorta di questa costante presenza e si trovò a combattere il turbamento con assidue preghiere, veglie e penitenze che minarono presto la sua salute. Cadde ammalata, ma lui non cessò le sue visite mattutine. Una volta guarita, cercò di privarsi anche dell’ascolto della Messa per celarsi agli sguardi del cavaliere, ma un giorno sembra che con la complicità di una suora decise di parlargli. Gli disse che il suo sentimento per l’amore divino era più forte di ogni altro sentimento terreno e quindi era risoluta nella sua dedizione alla vita monastica; lo invitò a non tornare più, ma si lasciarono con la promessa del cavaliere di partire crociato per la Terrasanta. Così fece, mentre Lucia, minata dalla malattia, si spense già in odore di santità, stando alle testimonianze del popolo e delle fanciulle del convento guidate dalla badessa. Durante le Crociate Diatagora, fu ferito e fatto prigioniero poi rinchiuso in una cella dove una notte in preda alla febbre, vide Lucia che gli tendeva la mano e, come in sogno, lo trasportava nella foresta di Settefonti nei pressi del Monastero. In cambio di questa grazia, secondo il messaggio della Beata Lucia, il cavaliere doveva lasciare i ceppi con cui era legato in prigionia sulla sua tomba. Risvegliatosi il cavaliere si ritrovò effettivamente presso il convento, lo raggiunse e inginocchiatosi davanti alla tomba dell’amata, lasciò lì i ceppi e pianse. In quel momento le sette fonti di acqua cristallina, che si erano seccate alla morte di Lucia, ripresero a zampillare copiosamente. 
Lucia venne fatta beata dopo tre secoli nel 1508.  Le sue spoglia giacciono tutt'ora assieme alle catene che imprigionarono Diatagora, nella chiesa di S. Andrea di Ozzano. Lo stretto calanco, oggi noto come passo dell'Abadessa, divenne via di pellegrinaggio per i fedeli fino alla seconda guerra mondiale. Oggi la valle, le ripide colline ed i calanchi, fanno parte del Parco dei Gessi Bolognesi e sono meta di un turismo ecologico ed enogastronomico. Infine verso la fine di maggio di ogni anno una sagra dedicata alla Badessa Lucia ricorda la vicenda.
 

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