Per
il maschio che ora attende da Anna, ha divorziato re Enrico VIII non
solo da Caterina d' Aragona, ma dal papa, da Roma, dalla religione
cattolica. Enrico ha già pronto il nome, il parto avviene tra le tre
e le quattro del pomeriggio di domenica 7 settembre: ma non è un
maschio che esce dal grembo materno, è una femmina, Elisabetta.
Enrico all' inizio fa buon viso a cattivo gioco, e se non riesce ad
esultare, rimanda però a prossimi contatti carnali l' esaudimento
della sua speranza. Il parto è stato facile; ciò significa che Anna
è una fattrice feconda, basta rimettersi al lavoro. La copulazione
egli la vive da re, fa parte integrale del suo mandato. Ma l' aborto
spontaneo che conclude la seconda gravidanza di Anna l' anno seguente
è un presagio sinistro, che conferma la disgrazia della Bolena, una
donna ambiziosa, una femme d' esprit che con tutta l' anima e il
corpo vorrebbe esaudire il voto di fertilità, però il fato, anzi l'
utero le è avverso... E difatti la situazione precipita. Nell'
autunno del 1535 concepisce per la terza volta, poco dopo abortisce.
L' aborto è circondato da mistero; pare però che fosse maschio. Si
dice che fosse deforme. Ora sì che Anna è nei guai, perché intanto
Enrico furente l' accusa di essere una strega. La paranoia che cova
da anni nella mente del sovrano esplode: Dio lo punisce, non benedice
l' unione con Anna, Anna è una strega... Enrico delira, ma secondo
modi perfettamente coerenti con la scienza ginecologica e le
conoscenze ostetriche del tempo. Se il feto è deforme, come
testimonia il fedele ministro Cromwell, è perché la madre s' è
data a pratiche sessuali contro natura. Anna è una libertina, alla
corte francese dove ha servito da giovane ha imparato cose che non si
fanno nella casta Inghilterra. Le ha fatte perfino col suo proprio
fratello, un pederasta, un sodomita. Superstizioso, vendicativo, il
re è pronto a credere a tutto. Non indaga a quale fazione interessi
la caduta di Anna e di tutti i Bolena che lei con la sua ascesa ha
trascinato ai più alti incarichi a Corte. Ha fretta di risposarsi,
cavalca a rotta di collo verso il suo prossimo utero da fecondare del
seme maschio. Non vacilla. Non tentenna. Anna morrà, la figlia
Elisabetta è bastarda. Neppure Anna vacilla. Straordinaria è a
questo punto la sua performance. Sa che l' accusa è fatale, comporta
la morte. Nel termine "adultera" si condensano infatti vari
tradimenti: contro il re, il regno, la patria. Non ci sarà verso di
dimostrare che non è vero, perché chi l' accusa non ha prove, non
ne ha bisogno. Una volta enunciato, il crimine esiste, lei l' ha
compiuto, e se non confessa è solo perché perversa, sfrontata. Anna
però non s' arrende, rivendica la propria innocenza, come fanno gli
uomini travolti con lei nell' accusa, tranne uno, un povero cristo,
uno spiantato musicista che non sa quello che dice e sotto tortura
non regge. Spera all' inizio nell' esilio ad Anversa: le piacerebbe
rifarsi una vita là e aspettare che cresca Elisabetta e arrivi lei
al trono che la madre non ha potuto avvicinare che di straforo. Per
quanto l' ha amata, Enrico ora la odia. Per quanto l' ha desiderata,
ora fanaticamente la ripudia. L' imperativo paterno alla fecondità
dinastica s' è bevuto il cervello di Enrico pervertito in delirio. Solo un
uomo in colpa presso il padre per le proprie prestazioni di maschio
avrebbe potuto con lo stesso entusiasmo e la stessa furia convincersi
di essere stato, perdonate l' espressione, "buggered",
ovvero fregato da una donna, la quale per fare ciò non poteva che
essere una strega... E ora le farà tagliare la testa e si dedicherà
al sesso sano e noioso con Jane Seymour innocua, stupidissima, ma
così docile, che appena consegnato il figlio maschio con rara
abnegazione scomparirà. Muore. La procace, attraente Anna Bolena, con
quel neo sul collo grande quanto una fragola e un sesto dito nella
mano destra (segni già questi per l'epoca, di contatti ravvicinati col diavolo),
bisogna proprio che l' uccida per farla fuori. Le tributa però l'
estremo onore della decapitazione: nel condannarla la tratta da
regina. La gente è incredula, tanto eccessive sono le calunnie. Il
re è folle. Mentre Anna è alla Torre, lui gozzoviglia. Tra musica,
balli, banchetti annega i pensieri. Ma c' è un posto vuoto a tavola,
che la faccia vacua di Jane Seymour non basta a riempire. Manca l'
erotica, la spavalda Bolena. Colta, vivace, Anna l' ha aiutato a
esistere. Perché dietro l' immagine tronfia e corpulenta del
sovrano, c' è un uomo esitante; dietro il tiranno, un vigliacco; e
dietro l' educazione regale che ha ricevuto, un' impressionante
mancanza di ispirazione. Era Anna che lo guidava. Che gli ha dato il
coraggio della separazione da Roma. Ma non gli ha dato il maschio. E
ora langue alla Torre. Quando capisce che è proprio finita, Anna
cerca di sfruttare anche questa disgrazia come fosse un' occasione.
Chiede perdono a Maria Tudor, la figlia di Enrico e Caterina D'Aragona. Lo fa
per Elisabetta. Spera che tra le due sorellastre non s' accenda la
rivalità che c' è stata tra le madri, spera addirittura che Maria
possa proteggere la sua piccola. In fondo, Elisabetta potrebbe essere
sua figlia. (Le cose andranno diversamente, le due sorelle non si
ameranno, ma sul letto di morte Maria manderà a Elisabetta i suoi
gioielli e si scambieranno di fatto tra femmine la corona del padre, e la casta Elisabetta salverà l'Inghilterra, dalla invincibile Armada, facendola assurgere a prima potenza mondiale).
Anna chiede infine per il suo collo sottile, che è sempre stato il suo
vanto, si usi non la scure, ma la spada. Viene accontentata. Si manda
a chiamare da Calais un boia che lavora di fino, viaggio e tutto fu
una spesa enorme; venti e passa sterline. Poi si veste di nero, chi
dice di grigio. Raccoglie la gran massa di capelli castani in uno
chignon, perché non sia d' impaccio alla lama. Non ha dormito, ma
sul volto non mostra segni di stanchezza. Gli occhi neri, altro suo
vanto, brillano come non mai. Li ha lavati con le lacrime. Intorno
alla testa le brilla più della corona che ha perso l' aureola del
martirio che ha guadagnato. Anna l' adultera, Anna novella Circe ora
è una santa. Scrive a Enrico parole cortesi, ma l' accento formale
dell' obbedienza non cela in realtà il tono di scherno: "Non
hai fatto che elevarmi; da semplice gentildonna a marchesa, da
marchesa a regina e ora che non puoi ulteriormente promuovermi in
questo mondo, fai di me una santa in Paradiso".
C' è una
piccola folla ad attenderla nel cortile dove hanno eretto il
patibolo. L' ora dell' esecuzione è stata spostata più volte,
proprio per evitare folle più vaste. Anna osserva, quelli che in mancanza del maschio sono i pretendenti al trono di Enrico: c' è Charles
Brandon marito della sorella di Enrico, Maria la prima figlia di Enrico, ma ora illegittima e
Elisabetta sua figlia, ma che presto alla sua morte sarà bastarda. C' è il duca di Richmond, anche lui in lizza. C' è Cromwell, che ha
architettato tutto e sa che lei è innocente. Tra pochi anni salirà
anche lui sul patibolo. C' è il sindaco il quale anche lui sa che Anna è
innocente, ma che può fare? La parata dei potenti è patetica,
squallida.
D' improvviso Anna prova sollievo: è giunto finalmente
il momento felice dell' emancipazione. Sorride. Sale i pochi gradini.
Fa il discorso di routine; è qui per morire, non per parlare.
Ringrazia Enrico VIII sposo dolcissimo e ottimo re. Si slaccia da
sola il colletto bianco. Non vuole bende sugli occhi. Non ha paura,
dice. Ma almeno li chiuda, le suggerisce il prete che l' accompagna.
Brillano tanto che il boia non riesce ad alzare la spada senza che lo
disarmi lo splendore rassegnato di quegli occhi, gli occhi neri della
lovely, lovely Anna Bolena. Poi si toglie le scarpe e piano, senza
che lei se n' accorga, senza che possa girare la testa verso di lui e
guardarlo negli occhi, si avvicina e le assesta il colpo fatale. La
spada cala, la testa rotola come una corolla dal gambo. Non si sente
volare una mosca. Il boia dimentica di ripetere la formula di rito:
"Così periscono i traditori". Ma è francese, non sa le
usanze. O l' ha raggelato il silenzio.
Le donne prendono la testa e
la ravvolgono in un panno. Intanto tutto vestito di bianco Enrico
sale sulla barca che risalendo il Tamigi lo porterà stasera da Jane.
Il giorno dopo a Hampton Court la sposerà.
Nessun commento:
Posta un commento