sabato 17 febbraio 2018

ANNA BOLENA E L'EREDE AL TRONO

Per il maschio che ora attende da Anna, ha divorziato re Enrico VIII non solo da Caterina d' Aragona, ma dal papa, da Roma, dalla religione cattolica. Enrico ha già pronto il nome, il parto avviene tra le tre e le quattro del pomeriggio di domenica 7 settembre: ma non è un maschio che esce dal grembo materno, è una femmina, Elisabetta. Enrico all' inizio fa buon viso a cattivo gioco, e se non riesce ad esultare, rimanda però a prossimi contatti carnali l' esaudimento della sua speranza. Il parto è stato facile; ciò significa che Anna è una fattrice feconda, basta rimettersi al lavoro. La copulazione egli la vive da re, fa parte integrale del suo mandato. Ma l' aborto spontaneo che conclude la seconda gravidanza di Anna l' anno seguente è un presagio sinistro, che conferma la disgrazia della Bolena, una donna ambiziosa, una femme d' esprit che con tutta l' anima e il corpo vorrebbe esaudire il voto di fertilità, però il fato, anzi l' utero le è avverso... E difatti la situazione precipita. Nell' autunno del 1535 concepisce per la terza volta, poco dopo abortisce. L' aborto è circondato da mistero; pare però che fosse maschio. Si dice che fosse deforme. Ora sì che Anna è nei guai, perché intanto Enrico furente l' accusa di essere una strega. La paranoia che cova da anni nella mente del sovrano esplode: Dio lo punisce, non benedice l' unione con Anna, Anna è una strega... Enrico delira, ma secondo modi perfettamente coerenti con la scienza ginecologica e le conoscenze ostetriche del tempo. Se il feto è deforme, come testimonia il fedele ministro Cromwell, è perché la madre s' è data a pratiche sessuali contro natura. Anna è una libertina, alla corte francese dove ha servito da giovane ha imparato cose che non si fanno nella casta Inghilterra. Le ha fatte perfino col suo proprio fratello, un pederasta, un sodomita. Superstizioso, vendicativo, il re è pronto a credere a tutto. Non indaga a quale fazione interessi la caduta di Anna e di tutti i Bolena che lei con la sua ascesa ha trascinato ai più alti incarichi a Corte. Ha fretta di risposarsi, cavalca a rotta di collo verso il suo prossimo utero da fecondare del seme maschio. Non vacilla. Non tentenna. Anna morrà, la figlia Elisabetta è bastarda. Neppure Anna vacilla. Straordinaria è a questo punto la sua performance. Sa che l' accusa è fatale, comporta la morte. Nel termine "adultera" si condensano infatti vari tradimenti: contro il re, il regno, la patria. Non ci sarà verso di dimostrare che non è vero, perché chi l' accusa non ha prove, non ne ha bisogno. Una volta enunciato, il crimine esiste, lei l' ha compiuto, e se non confessa è solo perché perversa, sfrontata. Anna però non s' arrende, rivendica la propria innocenza, come fanno gli uomini travolti con lei nell' accusa, tranne uno, un povero cristo, uno spiantato musicista che non sa quello che dice e sotto tortura non regge. Spera all' inizio nell' esilio ad Anversa: le piacerebbe rifarsi una vita là e aspettare che cresca Elisabetta e arrivi lei al trono che la madre non ha potuto avvicinare che di straforo. Per quanto l' ha amata, Enrico ora la odia. Per quanto l' ha desiderata, ora fanaticamente la ripudia. L' imperativo paterno alla fecondità dinastica s' è bevuto il cervello di Enrico pervertito in delirio. Solo un uomo in colpa presso il padre per le proprie prestazioni di maschio avrebbe potuto con lo stesso entusiasmo e la stessa furia convincersi di essere stato, perdonate l' espressione, "buggered", ovvero fregato da una donna, la quale per fare ciò non poteva che essere una strega... E ora le farà tagliare la testa e si dedicherà al sesso sano e noioso con Jane Seymour innocua, stupidissima, ma così docile, che appena consegnato il figlio maschio con rara abnegazione scomparirà. Muore. La procace, attraente Anna Bolena, con quel neo sul collo grande quanto una fragola e un sesto dito nella mano destra (segni già questi per l'epoca, di contatti ravvicinati col diavolo), bisogna proprio che l' uccida per farla fuori. Le tributa però l' estremo onore della decapitazione: nel condannarla la tratta da regina. La gente è incredula, tanto eccessive sono le calunnie. Il re è folle. Mentre Anna è alla Torre, lui gozzoviglia. Tra musica, balli, banchetti annega i pensieri. Ma c' è un posto vuoto a tavola, che la faccia vacua di Jane Seymour non basta a riempire. Manca l' erotica, la spavalda Bolena. Colta, vivace, Anna l' ha aiutato a esistere. Perché dietro l' immagine tronfia e corpulenta del sovrano, c' è un uomo esitante; dietro il tiranno, un vigliacco; e dietro l' educazione regale che ha ricevuto, un' impressionante mancanza di ispirazione. Era Anna che lo guidava. Che gli ha dato il coraggio della separazione da Roma. Ma non gli ha dato il maschio. E ora langue alla Torre. Quando capisce che è proprio finita, Anna cerca di sfruttare anche questa disgrazia come fosse un' occasione. 
Chiede perdono a Maria Tudor, la figlia di Enrico e Caterina D'Aragona. Lo fa per Elisabetta. Spera che tra le due sorellastre non s' accenda la rivalità che c' è stata tra le madri, spera addirittura che Maria possa proteggere la sua piccola. In fondo, Elisabetta potrebbe essere sua figlia. (Le cose andranno diversamente, le due sorelle non si ameranno, ma sul letto di morte Maria manderà a Elisabetta i suoi gioielli e si scambieranno di fatto tra femmine la corona del padre, e la casta Elisabetta salverà l'Inghilterra, dalla invincibile Armada, facendola assurgere a prima potenza mondiale). 
Anna chiede infine per il suo collo sottile, che è sempre stato il suo vanto, si usi non la scure, ma la spada. Viene accontentata. Si manda a chiamare da Calais un boia che lavora di fino, viaggio e tutto fu una spesa enorme; venti e passa sterline. Poi si veste di nero, chi dice di grigio. Raccoglie la gran massa di capelli castani in uno chignon, perché non sia d' impaccio alla lama. Non ha dormito, ma sul volto non mostra segni di stanchezza. Gli occhi neri, altro suo vanto, brillano come non mai. Li ha lavati con le lacrime. Intorno alla testa le brilla più della corona che ha perso l' aureola del martirio che ha guadagnato. Anna l' adultera, Anna novella Circe ora è una santa. Scrive a Enrico parole cortesi, ma l' accento formale dell' obbedienza non cela in realtà il tono di scherno: "Non hai fatto che elevarmi; da semplice gentildonna a marchesa, da marchesa a regina e ora che non puoi ulteriormente promuovermi in questo mondo, fai di me una santa in Paradiso". 
C' è una piccola folla ad attenderla nel cortile dove hanno eretto il patibolo. L' ora dell' esecuzione è stata spostata più volte, proprio per evitare folle più vaste. Anna osserva, quelli che in mancanza del maschio sono i pretendenti al trono di Enrico: c' è Charles Brandon marito della sorella di Enrico, Maria la prima figlia di Enrico, ma ora illegittima e Elisabetta sua  figlia, ma che presto alla sua morte sarà bastarda. C' è il duca di Richmond, anche lui in lizza. C' è Cromwell, che ha architettato tutto e sa che lei è innocente. Tra pochi anni salirà anche lui sul patibolo. C' è il sindaco il quale anche lui sa che Anna è innocente, ma che può fare? La parata dei potenti è patetica, squallida.  
D' improvviso Anna prova sollievo: è giunto finalmente il momento felice dell' emancipazione. Sorride. Sale i pochi gradini. Fa il discorso di routine; è qui per morire, non per parlare. Ringrazia Enrico VIII sposo dolcissimo e ottimo re. Si slaccia da sola il colletto bianco. Non vuole bende sugli occhi. Non ha paura, dice. Ma almeno li chiuda, le suggerisce il prete che l' accompagna. Brillano tanto che il boia non riesce ad alzare la spada senza che lo disarmi lo splendore rassegnato di quegli occhi, gli occhi neri della lovely, lovely Anna Bolena. Poi si toglie le scarpe e piano, senza che lei se n' accorga, senza che possa girare la testa verso di lui e guardarlo negli occhi, si avvicina e le assesta il colpo fatale. La spada cala, la testa rotola come una corolla dal gambo. Non si sente volare una mosca. Il boia dimentica di ripetere la formula di rito: "Così periscono i traditori". Ma è francese, non sa le usanze. O l' ha raggelato il silenzio. 
Le donne prendono la testa e la ravvolgono in un panno. Intanto tutto vestito di bianco Enrico sale sulla barca che risalendo il Tamigi lo porterà stasera da Jane. Il giorno dopo a Hampton Court la sposerà.

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