sabato 7 luglio 2018

CRIPTOPOLIS

CRYPTOPOLIS

Non sarà come la bolla dei Tulipani”. Mi bacchetta Valentina, proprio quel giorno al liceo, nacque il mio soldalizio con lei, dopo che Il Professor Matteoli, ci aveva appena spiegato:

-Il tulipano, introdotto in Europa nella metà del 1500 dalla Turchia, ebbe una crescente popolarità nei Paesi Bassi , scatenando la "gara" fra i membri della classe media a superarsi l'un l'altro nel possesso dei bulbi più rari. I prezzi arrivarono a livelli insostenibili. La coltivazione del tulipano fu presumibilmente iniziata nei Paesi Bassi nel 1593. Questo fiore divenne rapidamente una merce di lusso ed un vero status symbol. Alle varietà di tulipano erano assegnati nomi esotici, a volte venivano chiamate con nomi di ammiragli olandesi. Attorno al 1625 un singolo bulbo di una specifica qualità di tulipano poteva costare anche un migliaio di fiorini olandesi (il reddito medio annuo dell'epoca era di 150 fiorini). I tulipani erano scambiati anche con terreni, bestiame, e addirittura case. Presumibilmente, un buon negoziatore poteva anche guadagnare seimila fiorini al giorno.
Nella metà degli anni trenta fu registrata una vendita di 40 bulbi per 100.000 fiorini (2500 a bulbo. A titolo di paragone, una tonnellata di burro costava circa 100 fiorini e "otto maiali grassi" costavano 240 fiorini). Un prezzo record fu pagato per il bulbo più famoso, il Semper Augustus, venduto ad Haelem per 6000 fiorini.
Nell'anno successivo i tulipani erano scambiati nei "collegi" ospitati in taverne di numerose città olandesi. Agli acquirenti era richiesto di pagare una commissione del 2,5% chiamata "soldo del vino", fino a un massimo di tre fiorini per scambio. Erano, dunque, scambi "over-the-counter" al di fuori delle normali borse valori. Questo incoraggiò tutti i membri della società al commercio di tulipani, molte persone vendevano e compravano immobili o altri possedimenti per poter speculare sul mercato dei tulipani. Alcuni speculatori fecero grandissimi profitti. Questa pratica fu soprannominata "commercio del vento", appunto per la grande volatilità dei prezzi. Ma fino ad allora pur tra alti e bassi, erano sempre cresciuti.
Poi improvvisamente nel febbraio 1637, i prezzi da ormai un anno non si riprendevano, anzi erano erano in continuo calo. Il panico, prese la mano ai commercianti e la bolla speculativa, scoppiò in modo fragoroso. Si incominciò a pensare che la domanda di tulipani non avrebbe potuto più mantenersi a quei livelli, e questa opinione si diffuse man mano che aumentava il panico. Alcuni detenevano contratti per comprare tulipani a prezzi dieci volte maggiori di quelli di mercato (ormai crollato), mentre altri si trovarono a possedere bulbi che valevano un decimo di quanto li avevano pagati. Centinaia di olandesi, inclusi uomini di affari e dignitari, caddero in rovina finanziaria. Tutti i tentativi esperiti per risolvere la situazione in modo da accontentare entrambe le parti si rivelarono un insuccesso. In sostanza, ciascuno rimase nella situazione finanziaria in cui si trovava alla fine del crollo.
Quella lezione di storia, che tanto ci coinvolse, stavolta non si ripeterà”. Insiste Valentina, nel considerare quanto sta avvenendo in questo autunno del 2017. “Tu Piero sei il solito fifone”. In effetti, la lezione sulla bolla dei tulipani, aveva contribuito a consolidare la nostra amicizia, che anche ora dopo 11 anni è più solida che mai e non è mai sfociata in nulla di diverso di un percorso di studi comune e di una sola follia. Ci siamo laureati entrambi lo stesso giorno il 13 settembre 2013, in Ingegneria Informatica presso la sede distaccata Alma Mater di Cesena. Le due tesi, entrambe partivano dallo stesso fantomatico personaggio:
-Satoschi Nakamoto
Ma poi prendevano strade diverse. Andiamo comunque per ordine chi era questo misterioso inventore di software, che nei primi anni di Ateneo Cesenate, ci aveva portato spesso a frequentare la Biblioteca Malatestiana. Lì in quelle mattinate ed in quei pomeriggi che non frequentavamo l'Ateneo, scoprimmo che:
-Satoschi Nakamoto, era lo pseudonimo del padre anonimo della criptomoneta Bitcoin, che attraverso un software opensource (cioè aperto al libero contributo di chiunque), nel novembre del 2008 pubblicò il protocollo Bitcoin. Si trattava innanzi tutto di una moneta digitale e virtuale legata al solo uso della rete Internet, che era il supporto ed il mezzo entro il quale sarebbe circolata. Subito, ci fu la levata di scudi, nella ristretta comunità di intellettuali che vedeva questo come un processo molto pericoloso per le attuali monete che circolavano sulla terra a corso legale. In fondo queste ultime, in seguito alla grande crisi petrolifera del 1974, persero completamente il legame di convertibilità con il bene che le aveva tenute legate per secoli:
-La convertibilità con l'oro. Certo rimanevano le Banche Centrali, come baluardo ed autorità di controllo e di vigilanza, a sovraintendere alla loro circolazione. Ma già nella fine del novecento, molte bufere monetarie si succedettero, certo il Dollaro Statunitense, fu la valuta di riferimento. Poi l'avvento di Internet e lo scoppio della crisi del 2007, fece cadere buona parte della credibilità della valuta Statunitense. In questo contesto si sviluppò soprattutto negli strati giovanili, una sorta di ripulsa. In particolare verso il conformismo legato alla conservazione del Capitalismo di stampo prettamente Occidentale. Movimenti no global ed altre forme si svilupparono in rete, in tutto il pianeta. Già nel 2003 una associazione anonima con il motto “Noi siamo Anonymous. Noi siamo legione. Noi non perdoniamo. Noi non dimentichiamo. Aspettateci!“ .
Ecco che anch'io io e Valentina, già ai tempi del Liceo Righi di Cesena eravamo impregnati, di questa nuova ventata chiamiamola post ideologica. Corremmo a Bologna in Piazza Maggiore, quell'8 settembre 2007, il giorno del “Vaffa day”. Il nostro treno però fece, una trentina di minuti di ritardo. Arrivammo in piazza sudati sotto la canicola di quel sabato pomeriggio e facendoci largo tra quei cinquantamila, facemmo giusto in tempo a vedere Beppe Grillo, portato in trionfo a spalle per la piazza sul canotto che “mimava la nuova onda” e galleggiava su quella folla fatta soprattutto di ragazzi in delirio.
Ma non divago oltre, meglio ritornare, su cosa ci portò a dividere le nostre scelte, nel formulare le nostre rispettive tesi di laurea.
Per questo bisogna tornare al protocollo Bitcoin, presentato appunto dal fantomatico Satoschi Nakamoto. Noi già influenzati da questi nuovi movimenti, non ci accorgemmo subito del fenomeno Bitcoin. Ma fu come spesso succede il caso a suggerirci quello che sarebbe stato il tema delle nostre rispettive tesi di laurea. Era l'estate del 2012, ormai pochi esami ci separavano dalla laurea. Ricevemmo entrambi sul nostro Smartphone una mail, che sulle prime entrambi scambiammo per una delle solite Spam:
-Quest'anno in 9 su 10, milionari grazie al Bitcoin, potremmo raccontarti centinaia, forse migliaia di storie, ma sarebbe superfluo. In poche parole, mentre tu stai leggendo, loro stanno facendo i soldi. Guarda il video e capirai come entrare anche tu in questo Business e come il nostro team ti potrà affiancare ad intraprendere questa proficua e nuovissima opportunità.
Vedi Piero, questa è l'ennesima conferma, tu insisti e ti ostini e fino ad oggi hai costretto anche me, a dedicare tutto il nostro tempo, allo studio della Blockchain e di tutto ciò che riguarda la tecnologia che sottende al Bitcoin e non approfittiamo minimamente delle possibilità di guadagno che offre lo strumento, dai diamoci una mossa, tu sei più portato per i tecnicismi è giusto che ti concentri sul mining dove hai già ottenuto buoni risultati. Io mi occuperò di seguire il mercato puntando ad ottenere risultati nell'immediato.”
Pur costituendo il solito e solido team, questa volta le nostre strade si divisero e fu pure una scelta vincente. Ora il nostro Wallet, il conto che avevamo aperto da alcuni mesi, dopo aver ottenuto appunto gratuitamente i primi bitcoin, attraverso la felice conclusione del mining, poteva essere utilizzato a tale scopo. Io da quel giorno continuai a lavorare sulla Blockchain con lo scopo evidente di ottenere per il nostro nodo, l'assegnazione di altri Bitcoin gratuiti. Valentina sempre di più si impegnò, per fare crescere e moltiplicare il nostro Wallet. Di conseguenza anche la scrittura delle due tesi di laurea, pur partendo dallo stesso fenomeno denominato Bitcoin, prese vie completamente diverse. Io lavoravo già per costruire una applicazione per Smatphone e Tablet, che semplificasse, l'esecuzione delle transazioni ora molto farraginosa, complicata e che comportava circa il tempo di un'ora e mezza tra la transazione e la sua registrazione sulla Blockchain. Lei lavorava su modelli matematici, per puntare al massimizzazione del profitto del nostro Wallet.
Alla fine di quell'agosto 2012, partirono due strappi al rialzo del Bitcoin ed in pochi giorni, Valentina riportò un profitto che si tradusse in circa 10.000 euro.
Era raggiante:
-Ora potremo coronare il nostro sogno, andare alla conferenza di Londra, il prossimo 15 settembre. Ho già visto per il volo, non ci sono problemi. Piuttosto, dovremo adattarci per dormire, non ci possiamo permettere certo l'Hotel Imperial. Attorno a Russel Square comunque ci sono un sacco di soluzioni, più a buon mercato.
-Ok Valentina, fai tu, piuttosto viene anche Stefano?
-No, Stefano non può prendersi altre ferie, dopo la settimana che ci siamo appena fatti in Salento.
Patimmo con volo Ryanair il 13 settembre in tarda mattinata ed arrivammo a Chemies Street, nel tardo pomeriggio, eravamo a qualche centinaio di metri dall'Hotel Imperial, era un bell'appartamento con due camere, bagno ed un living con angolo cottura. Valentina lo aveva affittato fino al 17. Proprio sottocasa un Tesco Express, dove acquistammo ciò che ci serviva per la colazione della mattina successiva. Sia io che Valentina, eravamo già stati a Londra, ed entrambi conoscevamo la zona di Bloomsbury. Il quartiere era famoso soprattutto, perchè qui si riuniva ai primi del novecento il Bloomsbury group John Maynard Keynes ed i suoi amici intelettuali. Forse per questo gli organizzatori del Convegno, scelsero proprio l'Hotel Imperial ed il cuore del Bloomsbury. Il 14 era per noi un giorno completamente libero. Ci alzammo di buon ora, facemmo colazione nel living, come sempre fu Valentina a prendere l'iniziativa, per indirizzare la giornata:
-Hai visto che bel sole e che cielo azzurro, una vera rarità qui a Londra.
-Davvero una bella giornata Valentina, che si fa?
-Io direi, visto che ci siam presi scarpe e abbigliamento sportivo, approfittiamo e si va verso i parchi.
-Ottimo, aggiudicato io mi preparo.
-Benissimo, allora via alla ricerca di Peter Paaan!!!
Certo lo sospettavo, Valentina era stata una lettrice accanita della saga, in particolare Peter Pan nei giardini di Kensington di James Matthew Barries, sin da bambina. Poi il padre grande appassionato di musica, la portò una sera al mitico Peter Pan di Riccione, dove lui lì negli anni ottanta aveva sognato un futuro diverso. La porto là d'estate, lei adolescente e lui ormai malato terminale. Dopo la morte del padre anche il locale sulle colline di Riccione, chiuse per un paio di anni. Lei nei primi anni del Liceo Righi, più volte mi raccontò di quella ultima notte, vissuta accanto al padre a bordo piscina e sopra la magica consolle e sotto la pista da ballo. Ora, che il Peter Pan ha riaperto completamente rinnovato, in estate spesso forza Stefano, il quale a differenza del padre non ama musica e frastuono a portarla lassù. Ero ancora in preda a questi pensieri, che Valentina mi trascinò verso il Metro, dicendomi:
-Forse, non te l'ho mai detto, ma Peter Pan, non apparì per la prima volta negli scritti di Barries, nei giardini di Kensington, ma in un romanzo precedente, scritto quattro anni prima nel 1902, dallo stesso Barries. L'uccellino bianco, una storia per adulti, che ebbe per i tempi un largo successo dovuto principalmente ad alcuni capitoli in cui era apparso appunto Peter Pan. I furbi editori sai che fecero, estrapolarono quei capitoli e ripubblicarono la storia con il titolo “Nei giardini di Kensington”.
-Ho capito dove vuoi arrivare, Valentina
-Certo Piero, questa è una lezione anche per noi due, non possiamo continuare a sbatterci sui nodi “della democratica Blockchain, per estrarre gratis qualche Bitcoin” è tempo che portiamo a casa qualcosa di più.
-Anche questo ho compreso e penso che il percorso comune che ci attende, non è solo da qui alla laurea, ma è un progetto che sicuramente andrà oltre ed è giusto che dividiamo i nostri compiti, creando quel gioco di squadra che ci potrà portare con soddisfazione verso un futuro migliore.
Prendemmo il Metro, erano poche fermate, ma avremmo camminato molto per il resto della giornata e poi era un gran figata. Scendemmo infatti a Lancaster Gate e ci inaminammo costeggiando la riva destra del Sepentine Lake ed “eccola!!!!”, gridò Valentina. La Statua del piccolo Peter era proprio lì sulla piazzetta, nelle vesti di un piccolo suonatore di flauto. Lei ora mi sembra più eccitata che mai, è un vero fiume in piena:
-E' qui che Peter Pan nasce, molto più piccolo di come siamo abituati a conoscerlo, ancora in fasce, e con pochi morbidi capelli arruffati sulla testa. Il personaggio venne ispirato a Barrie da un gruppo di ragazzini conosciuti durante le passeggiate assieme al proprio cane San Bernardo attraverso i viali dei giardini londinesi di Kensington, l'amicizia; spesso discussa e talvolta al centro di acri e, a quanto pare, ingenerose malignità, con accuse neppure troppo velate di pederastia. Con i cinque figli della vedova Llewellyn-Davies (il più piccolo dei quali si chiamava, appunto, Peter come il futuro protagonista di tante avventure), sarebbe risultata fondamentale. Il legame tra lo scrittore, peraltro già sposato, con la giovane vedova e i suoi figlioli, divenne poi talmente saldo che, alla morte di lei, lo scrittore si sarebbe fatto carico dei cinque ragazzini.
Azzardai “Mia cara Valentina, la vita spesso mescola le carte e l'intreccio tra l'utopia e la realtà e molto più stretto di quanto ci si possa aspettare”.
-Già hai proprio ragione. Pensa che, da allora il personaggio ha fatto molta strada ottenendo grandi attenzioni ed un buon seguito, soprattutto grazie al film animato di Walt Disney del 1953. La storia del ragazzo che non voleva crescere e del suo autore (curiosamente anch'egli considerato - per la sua poetica visionaria e disincantata e per la sua capacità di saper giocare anche in età adulta - una persona incapace di crescere).
Sembrava inarrestabile:
-Ma il suo mito, arriva ai giorni nostri, io l'ho scoperto completamente come ben sai attraverso Neverland, il film del 2004, in cui uno strepitoso Johnny Dep, veste i panni di Barrie.
Due scoiattoli, saltellando ci affiancarono e finalmente Valentina, uscì dalla trance in cui era caduta. Cercò frettolosamente, nella borsa ed estrasse mezza brioche, la sbriciolò in parte:
  • Guarda Piero, mangiano sopra le mie mani!
  • Già sono senza ritegno, sono addomesticati, hanno perso completamente la loro natura.
  • Sei sempre il solito, senza un briciolo di sentimento.
  • Dai Valentina, si è fatto tardi, dobbiamo tornare sui nostri passi, oggi alle 15 si chiudono le iscrizioni al convegno e dobbiamo completarle alla segreteria presso l'Hotel Imperial.
    Arrivammo giusto in tempo, in Russel Square e salimmo a ritirare i nostri acrrediti per l'indomani. Facemmo una veloce perlustrazione e raggiungemmo il centro congressi, per capire bene dove si sarebbe svolta la conferenza. Fummo sorpresi di vedere le postazioni, di Bbc, Reuters e Guardian:
  • Dai Piero, abbiamo investito bene i nostri primi guadagni, guarda la locandina dei relatori.
  • Sarà davvero una due giorni interessantissima, Valentina, incentrata il primo giorno dall'intervento di Richard Stalmann il padre del software libero Linux è il diretto discendente del suo software Gnu. Poi dopodomani sarà la volta di Birgitta Jónsdóttir membro del parlamento islandese, presa di mira dal governo Statunitense per il suo coinvolgi­mento in Wikileaks (che a un certo punto ha messo in rete l’allegra contabilità della banca islandese Kaupthing, che faceva grossi prestiti… a se stessa).
    Questi due personaggi erano per noi mitici e non restammo delusi dai loro interventi, Stalmann spiegò e sostenne con forza che la moneta Bitcoin e la sottostante Blockchain erano un ulteriore passo in avanti di quella che era la radice dello spirito del suo lavoro che portava avanti da più di trent'anni “Il software libero e democratico”. Certo lui, non volle nascondere che ciò che si stava muovendo attorno a Bitcoin, non era esente da pericoli. Anzi la smania di facili guadagni, “spingerà” lui sostenne, i più a dedicarsi a questo aspetto, anzichè sviluppare ulteriormente, la tecnologia sottostante. Concluse poi che la ricerca è costosa e non c'era nulla di male a trarre profitto dalla moneta virtuale, per gli iniziati, ma l'etica imponeva loro, di reinvestire nello sviluppo della Blockchain, che secondo lui era l'autentica miniera d'oro, tutta da esplorare.
    Io e Valentina lo seguimmo, in mistico silenzio, lui sarebbe stato la fonte principale delle nostre tesi e del lavoro successivo, con un cenno di intesa, concordammo che quella era la via da seguire.
    Il giorno successivo la Brigitta Jónsdóttir, salì in cattedra e attaccò sul come la sua Islanda cominciò a distinguersi alla fine del 2008 quando il governo di Reykjavik lasciò fallire le tre maggiori banche - Kaupthing, Landsbank i Glitnir - che insieme pesavano dieci volte il Pil nazionale, una vera aberrazione la definì lei. Invece di salvarle a spese del contribuente, o di limitare i danni per i possessori di obbligazioni come avvenne altrove, per il crac delle banche islandesi furono i grossi creditori internazionali a rimanere con il cerino acceso in mano. Tutto ciò lei spiegò, non fu comunque per noi Islandesi un fatto indolore, la caduta rovinosa delle tre banche, aveva cancellato nel giro di pochi anni circa un quarto del Pil Islandese. Questo fatto, aveva ingenerato nella per piccola e ricca comunità, un grande sconquasso economico ed una sfiducia totale, nelle forze politiche tradizionali. Ora ci spiegò, si era messa a capo di una formazione politica denominata “I Pirati”, che si sarebbe presentata alle prossime politiche Islandesi nella primavera del 2013, con buone possibilità di successo.
-Beh, niente di speciale, Valentina hanno recitato il loro “Vaffa..”, diversi anni dopo di noi?
-Piero, noi Italiani, siamo sempre all'avanguardia, ma poi ci perdiamo in sterili confronti. Loro “i Nordici”, partono in forte ritardo, ma poi agiscono e noi figuriamo come quelli, arrivati dopo la puzza.
Anche la seconda giornata del convegno, ci fu utile e ci confermò che la decisione di diversificare l'indirizzo delle nostre tesi era giusta.
Uscimmo molto carichi, dall'hotel Imperial, che stava tramontando il sole:
-Mi sento molto euforica ed anche eccitata, questa sera dobbiamo festeggiare Piero!!!
Per la serata non ci allontanammo di molto, finimmo infatti al John Russel Pub, assaggiamo diversi piatti, annaffiati dalle generose ed abbondanti birre. Davvero bevemmo tantissima birra, quella sera. Entrambi eravamo pressoché astemi e l'effetto si fece sentire immediatamente. Terminammo la cena io con un cheese cake e Valentina con un profiterol che lei apostrofò:
-Deliziose queste palline, meglio di quelle di Stefano e le tue come sono?
Io ero in pieno marasma alcolico, lei di più e finimmo a letto assieme, una vera follia secondo me, ma lei Valentina con fare lieve, concluse la serata sentenziando:
-Dai Piero, non fare il moralista scandalizzato ormai è successo, in fondo il “trombamici” è un atto di iniziazione definitiva e non potrà che consolidare il nostro rapporto d'affari.


II CAPITOLO
Quella notte del settembre 2012 di cinque anni fa, restò unica, fu la sola follia che io e Valentina ci concedemmo per il resto solo amicizia ed affari. Lei peraltro ben presto si sbarazzò di Stefano era istintiva, libertaria e libertina, ma tutt'altro che di facili costumi. Subito dopo la laurea verso la fine del 2013, imparammo da un video pubblicato su You Tube che nei dintorni di Zurigo un Sud Africano, Johann Gevers, stava cercando di organizzare una filiera fatta di Start Up. Una sorta di Silicon Valley Europea per le Criptovalute e innovazioni sulla tecnologia Blockchain. Johann Gevers aveva fondato la sua Start Up “Monetas” nel 2012 mentre viveva ancora a Vancouver jn Canada, per poi trasferire la società a Zug nel 2013. Monetas lavorava allo sviluppo di una piattaforma globale decentralizzata per operazioni finanziarie e legali, in grado di offrire commissioni estremamente basse. Il tutto con una velocità sorprendente, di gran lunga superiore a quella dei servizi finanziari tradizionali ed il massimo grado di sicurezza crittografica. La piattaforma Monetas richiedeva solo uno smartphone per accedere da qualsiasi luogo sia ai servizi finanziari classici che a quelli emergenti, promuovendone in tal modo l’accesso a livello globale. Ma la cosa, non suscitòin noi che un momentaneo interesse. Presi da altre cose, noi volevamo sfondare qui in Italia, nel nostro paese.
Nei mesi successivi ci scontrammo con la dura realtà, visto che ci offrivano solo impieghi sottopagati o a termine, aprimmo una partita Iva ed offrimmo a destra e a manca, servizi di consulenza su Blockchain e Criptovalute. Ma sembravamo dei Marziani e nessuno dalle banche alle finanziarie, dalle associazioni legali e di contrattualistica, ci considerò. Fortunatamente quanto avevamo ottenuto e messo da parte in Bitcoin, continuò a lievitare e come al solito fu Valentina a prendere l'iniziativa e a stravolgere le nostre convinzioni:
    -Piero, ormai a Cesena, abbiamo fatto il nostro tempo, dobbiamo alzare il culo e andarcene.
    Lo diceva, mentre eravamo al locale meetup dei 5 Stelle, che seguì le elezioni Europee della primavera 2014. Il movimento ottenne un risultato attorno al 20%, ma il PD targato Renzi spopolò ottenendo il 40% dei consensi elettorali e questo ci avvilì ulteriormente.
    -Questi, promettono, promettono e poi più di qualche mancia elettorale non fanno!
    -Valentina, concordo con te, che qui più della miseria di questi 80 euro che sta promettendo Matteo Renzi, non avremo, ammesso che ci adattiamo a svendere il nostro titolo di studio.
    Lapidaria, ma con il solito spirito, concluse:
    -Io non ci sto, monetizziamo il Wallet in Bitcoin, chiudiamo la partita Iva e partiamo davvero.
    Una storia molto curiosa quella che ci avrebbe portato fino alla casa di Zug, dalla signora Helga Sieber.
    Tutto cominciò ai primi di gennaio di quel 2014, quando ormai esausti di sbattere la faccia contro il muro di gomma dell'impossibilità di trovare una strada alle nostre ambizioni, avevamo ormai deciso di andarcene dalla nostra Romagna e dall'Italia. La prima mossa fu appunto la chiusura della partita Iva e la seconda la completa dismissione del conto denominato in Bitcoin. Quella scelta, dettata dalla sfiducia che ci aveva preso, fu poi determinante. Eravamo al palo, ma con un buon gruzzoletto da parte, che ora per prudenza avevamo messo al sicuro su un conto corrente tradizionale in Euro. Non restammo comunque inoperosi ad aspettare la manna dal cielo. Frequentavamo convegni e partecipammo attivamente alla campagna elettorale in vista di quelle elezioni Europee, che poi (come abbiamo visto), si rivelarono per noi sostenitori del Movimento 5 Stelle, un'altra cocente delusione. Ma come spesso succede, fu il caso a darci una mano.
    -Piero, basta con la politica, oltre ad alzare il culo, prima o poi dobbiamo decidere, dove andare?
    - Va beh, Valentina, abbiamo già vagliato, mille situazioni possibili, ma io credo che dobbiamo trovare qualcosa di legato ai nostri studi ed alle nostre esperienze già fatte e fino ad ora, nulla di ciò che abbiamo vagliato, si avvicina neanche lontanamente alle nostre aspirazioni.
    -Su questo, ancora una volta hai perfettamente ragione, aspettiamo pure ancora un po' abbiamo spedito i nostri curricula, da Trieste a Trapani, ma io ormai dispero di trovare qui, un occupazione che ci soddisfi.
    Mentre chiacchieravamo, sbirciavamo Facebook, improvvisamente fummo colpiti da uno dei tanti eventi ad invito, che il social propone quotidianamente:
    - Oh Valentina hai visto domani sera al Grand hotel Leonardo di Cesenatico seratona organizzata dai Batani, per il lancio della stagione estiva. Un occhio di riguardo al nuovo, con l'ingaggio di questa corazzata Elvetica del Web specializzata nel portare in giro turisti super ricchi e uno alla tradizione di casa nostra, visto che il testimonial della serata sarà il nostro carissimo poeta Leo Maltoni.
    -Piero, questa, costi quel costi non ce la possiamo far scappare?
    Già era per noi un'occasione irrinunciabile per due ottimi motivi: la famiglia Batani, ed il suo capostipite Antonio; l'ex cameriere, che sette anni prima aveva acquistato il Grand Hotel di Rimini, era per me e Valentina un vero eroe. Inoltre la presenza di Leo Maltoni poeta locale, che continuamente rileggevamo in quei giorni, identificandoci nei suoi versi dialettali ed in particolare nei versi di E' Pustàin (Il Postino) che recitava testualmente:
    Quand che e’ vent
    e’ taia la faza,
    d’invéran
    i dé senza sol
    i mor pràima d’ nas.
    D’ogni tènt da i vìdar
    u s’vid i pivìr e al flàini
    ch’ i s’dà drìa
    int i guàz.
    Me a n’ végh l’ora
    ch’ e’ pasa e’ pustàin.
    E dì ch’ a l’ so za
    che tot i dé
    e’ va dret!
    (Traduzione: Quando il vento taglia il viso, d’inverno i giorni senza sole muoiono prima di nascere. Ogni tanto dalla finestra si vedono pivieri e pavoncelle che si rincorrono negli acquitrini. Io non vedo l’ora che passi il postino. E dire che lo so già che ogni giorno tira dritto).
    Avevamo decisamente bisogno di svago, perchè il morale in quella fine di gennaio, era proprio a terra, quindi il sacrificio economico per partecipare a quella serata, non ci pesava affatto. Prenotammo quindi, senza battere ciglio.
    Ci vestimmo di tutto punto, con il meglio che avevamo a nostra disposizione. Lasciammo la nostra piccola Smart, sul lungomare di Levante ed a piedi ci inoltrammo verso via Piave, che era gremita di Mercedes scure con autista. Entrammo spavaldi e mentre ci veniva servito l'aperitivo di benvenuto, da una installazione multimediale, scorreva la gigantografia del Grand'hotel di Rimini e la seguente didascalia:
    Antonio Batani, nato a Bagno di Romagna in una famiglia modesta e numerosa, era emigrato a Saint Moritz per fare il cameriere, e con caparbietà aveva poi iniziato la sua carriera di albergatore dalla Pensione Delia di Cervia, sedici camere e quattro bagni. Poi, anno dopo anno, la scalata alle stelle, albergo dopo albergo, fino alle cinque stelle lusso di quel monumento bianco sulla riva del mare davanti al quale da ragazzo passava ogni giorno in bicicletta pensando "òs-cia s' lé bèl, chisà quant è costa". Lo seppe nel 2007, quando poté finalmente comprarselo, salvandolo dalla decadenza, dopo vicissitudini proprietarie disastrose. Il 3 luglio dell’anno successivo, dopo un restauro costoso e attento, festeggiò il centenario del Grand Hotel con quattrocento invitati, quartetti d' archi, champagne e l’intera facciata trasformata in un grande schermo su cui scorrevano le immagini dei film, ovviamente, di Fellini, che lì aveva sempre prenotata per sé la suite 315.
    Passammo poi nel salone ricevimenti e ci accomodammo in un tavolo circolare, defilato, ma con un ottima vista sul palco, che oltre all'orchestra avrebbe ospitato l'incontro con i nostri due amati personaggi, moderati dal direttore del Resto del Carlino. Oltre a noi il tavolo era occupato, da tre anziane signore, una si fece avanti allungando la mano destra e con forte accento Tedesco ed una certa ironia, si presentò:
    - Helga Sieber, è un fero piacere, federe due giovani come foi, ad un efento che celebra i successi di una generazione ormai tanto distante, dalla fostra.
    Valentina, prontissima:
    -Ma cara signora, noi amiamo, le radici della nostra terra, riguardo poi a Batani e Maltoni, abbiamo una vera e propria venerazione.
    -E' daffero molto raro, trofare giovani come foi, immagino siate ancora dediti agli studi, magari interessati a materie del mondo classico?
    Era davvero, ironica e tagliente, intanto che dialogava con noi, traduceva alle due conoscenti o amiche, che annuivano e con sorrisetti di circostanza, allungarono pure loro una mano, per completare le presentazioni. Spiegammo loro, che non eravamo studenti dediti a materie umanistiche, ma che eravamo due Ingegneri laureati a pieni voti e che avevamo aspirazioni molto serie ed ambiziose per il nostro futuro. Tra una portata e l'altra, il direttore Giovanni Morandi salì sul palco e portò i saluti a nome de “Il Resto del Carlino” e chiamò sul palco Batani e Maltoni.
    Entrambi con passo lento e con la rigidità tipica della loro età, salirono faticosamente quella scaletta, si sedettero e subito notammo, che entrambi erano ormai segnati dal tempo. Io e Valentina, incrociammo per un attimo lo sguardo, era un segno ulteriore, di quel declino imminente e implacabile, che ce li avrebbe portati via di lì a poco. In particolare Antonio Batani, rispondeva quasi a monosillabi, ostentando comunque il suo grande ottimismo e la caparbietà del vecchio leone. Leo Maltoni, ripercorse le vicende storiche di Cesenatico, una cittadina che ha sempre fatto i conti con i “forestieri”, accogliendoli nelle bettole, dove si cucinava soprattutto carne e selvaggina, perchè il pesce lui disse, si cucinava soprattutto per le mense dei poveri. Poi ricordò che Porto Cesenatico, fu voluto da Cesare Borgia, già il Valentino colui che arrivò fino alle porte di Bologna, destabilizzando i Bentivoglio. A quel tempo il budello era completamente insabbiato e le sue navi dovevano ancorare un po' al largo. Perciò chiamò Leonardo Da Vinci, che venne nei primi giorni di settembre del 1502 e gli preparò i disegni per il rifacimento completo. Spiegò che i disegni si possono ancora vedere alla Biblioteca nazionale di Parigi. Concluse poi la sua narrazione, recitando i versi di un'altra a noi molto nota poesia:

      AL PURAZI

Dal vòlti um pìis
andé tùrzi par maràina
d’invèran
quand che in t’l’èrba
u’i’è la bràina.
Am tròv tra vec, dòni, burdéll
chi zàirca cun al mèni
tra e sabion
si po truvé
al puràzi o du canéll.
E ènca mé
am met in prucisiòn,
a raz in téra
impinénd e mi sachét
par guadagném
la zàina di puret.

Traduzione: (sono le piccole vongole tipiche delle spiagge Romagnole)

LE POVERAZZE

Spesso mi piace
vagabondare lungo la spiaggia
d’inverno
quando tra l’erba
c’è la brina.
Mi ritrovo fra vecchi, donne e bambini
che cercano con le mani
nella sabbia
se possono trovare
le poverazze o qualche cannello.
E anch’io
mi aggrego alla processione,
cerco in terra
riempiendo il mio sacchetto
per guadagnarmi
la cena dei poveri.
-Ragazzi, Leo è feramente grande, io ho l'onore di conoscerlo da tanti anni e lo ricordo quando declamafa le sue poesie, sulla terrazza del bagno Milano. Lo faceva solo di fenerdì al tramonto, dofe complice la brezza marina, le sue parole e le sue stupende spiegazioni quell'aperitifo era una fera magia.
Rimanemmo di stucco, mai ci saremmo aspettati tanto da quell'anziana signora Svizzera. Finita l'intervista, la nostra signora Helga, raggiunse il tavolo a cui Maltoni era seduto, si abbracciarono fraternamente e chiacchierarono amabilmente per diversi minuti. Poi ritornò al tavolo, sottovoce si rivolse alle amiche e rivolgendosi verso di noi:
-Siete proprio due brafi ragazzi, dunque mi dite che folete partire, perchè qui non trofate laforo adeguato a foi?
Noi, spiegammo senza remore, che da mesi ci ostinavamo a cercare qui un lavoro che non esisteva. Lei ci venne letteralmente in soccorso:
-Su da noi a Zug e dintorni, sta esplodendo la richiesta di giofani Ingegneri informatici. Vedo giornalmente sulla “Neue Zürcher Zeitung “, annunci in tal senso.
Perbacco Zug, l'avevamo completamente accantonata quell'idea ed ora si riproponeva, più prepotente di un anno fa.
-Ragazzi, prendete i giusti contatti, per l'alloggio non dofete temere, io ne ho diversi a disposizione e state tranquilli, fi tratterò con “guanti di Domenica”, come si dice qui da foi.
Ottimo, non ci restava che darci da fare, per prendere i giusti contatti, partendo dall'idea proposta dalla Signora Sieber, consultare prima di tutto gli annunci online della “Neue Zürcher Zeitung “. In effetti trovammo diversi annunci, che potevano interessarci. Ma uno in particolare colpì la nostra attenzione, con l'aiuto del traduttore, (il nostro Tedesco a differenza dell'Inglese, era assai rudimentale), ne sviscerammo il contenuto:
MONETAS AG

                                                   (Continua)











    Cercavano giovani ingegneri, da inserire nella Start Up, da poco costituita, dopo quello di Londra, questo era il nostro secondo viaggio della speranza. Mentre il primo era ancora, una via di mezzo tra il viaggio di studio e piacere, questo in Svizzera era molto più tosto e non prevedeva l'immediato ritorno nella nostra Romagna. Lì tra Bertinoro e Cesenatico, avevamo il nostro nido. Ma ce ne saremmo presto fatti una ragione. Già la Svizzera con i suoi 26 Cantoni autonomi che formavano la Confederazione, stava diventando il miraggio per gli accoliti delle nuove Criptomonete. Ci sembrava che la tecnologia utilizzata per le varie monete virtuali, tra cui quella emergente dei Bitcoin, si sposasse perfettamente con la strategia del decentramento Svizzero. Infatti,ciascuno dei 26 cantoni svizzeri aveva una propria costituzione e un proprio parlamento. I singoli Cantoni erano responsabili di diversi settori come istruzione, polizia, ospedali e fiscalità. Ed erano i Cantoni a prelevare determinate imposte e non la Confederazione, inoltre erano protagonisti di una sana competizione economica tra loro.
    Partimmo finalmente da Cesena alle sei di mattina. Era un sabato uggioso di mezza primavera, cambiammo il treno alla Centrale di Bologna, giunti a Milano Centrale ci fiondammo sul binario 12 direzione Zurigo, dove arrivammo intorno alle 13,50. L'appuntamento per il colloquio alla sede di Monetas era fissato per il lunedì successivo alle 9,30. Ancora una volta avevamo un giorno e mezzo davanti a noi. Ma quel sabato pomeriggio, proseguimmo in pulman per Zug la nostra meta, così avevamo deciso io e Valent quale avevamo preso contatto via mail, da qualche tempo prima. 

sabato 17 febbraio 2018

ANNA BOLENA E L'EREDE AL TRONO

Per il maschio che ora attende da Anna, ha divorziato re Enrico VIII non solo da Caterina d' Aragona, ma dal papa, da Roma, dalla religione cattolica. Enrico ha già pronto il nome, il parto avviene tra le tre e le quattro del pomeriggio di domenica 7 settembre: ma non è un maschio che esce dal grembo materno, è una femmina, Elisabetta. Enrico all' inizio fa buon viso a cattivo gioco, e se non riesce ad esultare, rimanda però a prossimi contatti carnali l' esaudimento della sua speranza. Il parto è stato facile; ciò significa che Anna è una fattrice feconda, basta rimettersi al lavoro. La copulazione egli la vive da re, fa parte integrale del suo mandato. Ma l' aborto spontaneo che conclude la seconda gravidanza di Anna l' anno seguente è un presagio sinistro, che conferma la disgrazia della Bolena, una donna ambiziosa, una femme d' esprit che con tutta l' anima e il corpo vorrebbe esaudire il voto di fertilità, però il fato, anzi l' utero le è avverso... E difatti la situazione precipita. Nell' autunno del 1535 concepisce per la terza volta, poco dopo abortisce. L' aborto è circondato da mistero; pare però che fosse maschio. Si dice che fosse deforme. Ora sì che Anna è nei guai, perché intanto Enrico furente l' accusa di essere una strega. La paranoia che cova da anni nella mente del sovrano esplode: Dio lo punisce, non benedice l' unione con Anna, Anna è una strega... Enrico delira, ma secondo modi perfettamente coerenti con la scienza ginecologica e le conoscenze ostetriche del tempo. Se il feto è deforme, come testimonia il fedele ministro Cromwell, è perché la madre s' è data a pratiche sessuali contro natura. Anna è una libertina, alla corte francese dove ha servito da giovane ha imparato cose che non si fanno nella casta Inghilterra. Le ha fatte perfino col suo proprio fratello, un pederasta, un sodomita. Superstizioso, vendicativo, il re è pronto a credere a tutto. Non indaga a quale fazione interessi la caduta di Anna e di tutti i Bolena che lei con la sua ascesa ha trascinato ai più alti incarichi a Corte. Ha fretta di risposarsi, cavalca a rotta di collo verso il suo prossimo utero da fecondare del seme maschio. Non vacilla. Non tentenna. Anna morrà, la figlia Elisabetta è bastarda. Neppure Anna vacilla. Straordinaria è a questo punto la sua performance. Sa che l' accusa è fatale, comporta la morte. Nel termine "adultera" si condensano infatti vari tradimenti: contro il re, il regno, la patria. Non ci sarà verso di dimostrare che non è vero, perché chi l' accusa non ha prove, non ne ha bisogno. Una volta enunciato, il crimine esiste, lei l' ha compiuto, e se non confessa è solo perché perversa, sfrontata. Anna però non s' arrende, rivendica la propria innocenza, come fanno gli uomini travolti con lei nell' accusa, tranne uno, un povero cristo, uno spiantato musicista che non sa quello che dice e sotto tortura non regge. Spera all' inizio nell' esilio ad Anversa: le piacerebbe rifarsi una vita là e aspettare che cresca Elisabetta e arrivi lei al trono che la madre non ha potuto avvicinare che di straforo. Per quanto l' ha amata, Enrico ora la odia. Per quanto l' ha desiderata, ora fanaticamente la ripudia. L' imperativo paterno alla fecondità dinastica s' è bevuto il cervello di Enrico pervertito in delirio. Solo un uomo in colpa presso il padre per le proprie prestazioni di maschio avrebbe potuto con lo stesso entusiasmo e la stessa furia convincersi di essere stato, perdonate l' espressione, "buggered", ovvero fregato da una donna, la quale per fare ciò non poteva che essere una strega... E ora le farà tagliare la testa e si dedicherà al sesso sano e noioso con Jane Seymour innocua, stupidissima, ma così docile, che appena consegnato il figlio maschio con rara abnegazione scomparirà. Muore. La procace, attraente Anna Bolena, con quel neo sul collo grande quanto una fragola e un sesto dito nella mano destra (segni già questi per l'epoca, di contatti ravvicinati col diavolo), bisogna proprio che l' uccida per farla fuori. Le tributa però l' estremo onore della decapitazione: nel condannarla la tratta da regina. La gente è incredula, tanto eccessive sono le calunnie. Il re è folle. Mentre Anna è alla Torre, lui gozzoviglia. Tra musica, balli, banchetti annega i pensieri. Ma c' è un posto vuoto a tavola, che la faccia vacua di Jane Seymour non basta a riempire. Manca l' erotica, la spavalda Bolena. Colta, vivace, Anna l' ha aiutato a esistere. Perché dietro l' immagine tronfia e corpulenta del sovrano, c' è un uomo esitante; dietro il tiranno, un vigliacco; e dietro l' educazione regale che ha ricevuto, un' impressionante mancanza di ispirazione. Era Anna che lo guidava. Che gli ha dato il coraggio della separazione da Roma. Ma non gli ha dato il maschio. E ora langue alla Torre. Quando capisce che è proprio finita, Anna cerca di sfruttare anche questa disgrazia come fosse un' occasione. 
Chiede perdono a Maria Tudor, la figlia di Enrico e Caterina D'Aragona. Lo fa per Elisabetta. Spera che tra le due sorellastre non s' accenda la rivalità che c' è stata tra le madri, spera addirittura che Maria possa proteggere la sua piccola. In fondo, Elisabetta potrebbe essere sua figlia. (Le cose andranno diversamente, le due sorelle non si ameranno, ma sul letto di morte Maria manderà a Elisabetta i suoi gioielli e si scambieranno di fatto tra femmine la corona del padre, e la casta Elisabetta salverà l'Inghilterra, dalla invincibile Armada, facendola assurgere a prima potenza mondiale). 
Anna chiede infine per il suo collo sottile, che è sempre stato il suo vanto, si usi non la scure, ma la spada. Viene accontentata. Si manda a chiamare da Calais un boia che lavora di fino, viaggio e tutto fu una spesa enorme; venti e passa sterline. Poi si veste di nero, chi dice di grigio. Raccoglie la gran massa di capelli castani in uno chignon, perché non sia d' impaccio alla lama. Non ha dormito, ma sul volto non mostra segni di stanchezza. Gli occhi neri, altro suo vanto, brillano come non mai. Li ha lavati con le lacrime. Intorno alla testa le brilla più della corona che ha perso l' aureola del martirio che ha guadagnato. Anna l' adultera, Anna novella Circe ora è una santa. Scrive a Enrico parole cortesi, ma l' accento formale dell' obbedienza non cela in realtà il tono di scherno: "Non hai fatto che elevarmi; da semplice gentildonna a marchesa, da marchesa a regina e ora che non puoi ulteriormente promuovermi in questo mondo, fai di me una santa in Paradiso". 
C' è una piccola folla ad attenderla nel cortile dove hanno eretto il patibolo. L' ora dell' esecuzione è stata spostata più volte, proprio per evitare folle più vaste. Anna osserva, quelli che in mancanza del maschio sono i pretendenti al trono di Enrico: c' è Charles Brandon marito della sorella di Enrico, Maria la prima figlia di Enrico, ma ora illegittima e Elisabetta sua  figlia, ma che presto alla sua morte sarà bastarda. C' è il duca di Richmond, anche lui in lizza. C' è Cromwell, che ha architettato tutto e sa che lei è innocente. Tra pochi anni salirà anche lui sul patibolo. C' è il sindaco il quale anche lui sa che Anna è innocente, ma che può fare? La parata dei potenti è patetica, squallida.  
D' improvviso Anna prova sollievo: è giunto finalmente il momento felice dell' emancipazione. Sorride. Sale i pochi gradini. Fa il discorso di routine; è qui per morire, non per parlare. Ringrazia Enrico VIII sposo dolcissimo e ottimo re. Si slaccia da sola il colletto bianco. Non vuole bende sugli occhi. Non ha paura, dice. Ma almeno li chiuda, le suggerisce il prete che l' accompagna. Brillano tanto che il boia non riesce ad alzare la spada senza che lo disarmi lo splendore rassegnato di quegli occhi, gli occhi neri della lovely, lovely Anna Bolena. Poi si toglie le scarpe e piano, senza che lei se n' accorga, senza che possa girare la testa verso di lui e guardarlo negli occhi, si avvicina e le assesta il colpo fatale. La spada cala, la testa rotola come una corolla dal gambo. Non si sente volare una mosca. Il boia dimentica di ripetere la formula di rito: "Così periscono i traditori". Ma è francese, non sa le usanze. O l' ha raggelato il silenzio. 
Le donne prendono la testa e la ravvolgono in un panno. Intanto tutto vestito di bianco Enrico sale sulla barca che risalendo il Tamigi lo porterà stasera da Jane. Il giorno dopo a Hampton Court la sposerà.

sabato 10 febbraio 2018

UNA SERATA NELLA BITCOIN VALLEY

Ero molto stressato quella sera non me la sentivo però ancora di tornare a casa, passai dall'Art Club, non lo facevo da tempo, ma avevo bisogno di distrami un pò. Entrai e mi accolse Emilio, uno dei soci:
- Ingegner Neri, è da tempo che non la vediamo?
-Emilio, lo sai ora il tempo degli studi è finito da un pezzo, i miei impegni si sono moltiplicati e il tempo è un gran tiranno.
- Si metta comodo, ingegnere, cosa le posso servire?
- Un prosecco ed un misto di tapas e dimmi Emilio, la Federica lavora ancora qui?
- Certo ingegnere è nel privèè ora gliela chiamo subito
Nell'attesa di Federica, mi sgranocchiai qualcosa e sorseggiai l'ottimo Cartizze che mi era stato servito.Mi sentii battere con tocco leggero la spalla sinistra, era lei, magnifica come allora:
-Ma ciao, grande imprenditore, da quanto tempo non ti fai vedere?
- La nuova azienda e la mia nuova famiglia, me lo hanno imposto.
Sussurando all'orecchio, mi disse:
-Ti devo ringraziare, per avermi aperto quel conto ed avermi pagato quell'ultima marchetta in Bitcoin, quei 200 Euro, ora ne valgono quasi 5.000. Ma te sono grata, soprattutto, perchè con le tue attività, hai fatto conoscere a tutti e non solo nella nostra valle, la criptomoneta e molti qui ormai la usano abitualmente. Perciò sappi, che se lo vuoi quella di questa sera, per te sarà gratis. Poi da allora io ho selezionato un certo numero di clienti, che mi pagano in Bitcoin. Ti dirò di più, io la metà li riconverto in Euro, per ora ci rimetto alla grande, ma non si sa mai. Poi ho deciso, fra un pò smetto e fin che sono ancora figa, magari passo il confine e mi cerco un compagno fisso.
-Brava Federica, ti ringrazio per l'offerta, che accetto volentieri. In merito alla scelta di riconvertire in Euro, la trovo un ottima scelta, confidenza per confidenza anch'io sono alla vigilia di un grande passo.
Fu davvero una serata, memorabile, tornai a casa molto rilassato. Federica, mantenne la sua promessa, qualche tempo dopo, si licenziò dall'Art Club, non seppi mai se e chi accalappiò. Comunque fu una scelta oculata, il Bitcoin, che qui nella nostra valle era ormai popolarissimo, anche per pagare un caffè, precipitò le quotazioni nel volgere di pochi mesi dimezzarono e molti di quei totem, installati dalla mia azienda arruginirono inutilizzati. Per fortuna anch'io, vendetti in tempo il carozzone che avevo creato in loco. Ora ero pronto per  lanciare una nuova start up, sulla Blockchain, perchè se il futuro del Bitcoin era incerto, la tecnologia che stava alla base della criptomoneta, offriva ancora tante nuove opportunità. Visto che qui non era più aria per me, valicai anch'io il confine. Lì avevano capito e ci favorivano con grossi incentivi ed una Flat Tax ridicola, cosa chiedere di più...