sabato 21 novembre 2015

BANLIEUES - L'ASSOLUZIONE

Da "Lieu", luogo e "Ban" bando, gìà proprio così un luogo da mettere al bando. Possibilmente da evitare da chi in questo territorio è radicato da sempre o quantomeno risiede nelle immediate vicinanze, ma ne ha perso il controllo. Lì ora risiedono i "banditi". La  vicenda di quei due ragazzi, Bouna Traorè e Zayed Benna fu emblematica, la classica goccia che fece traboccare il vaso. I due ragazzini eran cresciuti lì nella periferia degradata a nord di Parigi, ed in quella notte d'autunno 2005, stavano tornando a casa da una partita furono inseguiti e braccati dai poliziotti. Si nascosero nella piccola centrale elettrica che trovarono come primo rifugio, i poliziotti si disse allora li incalzarono, loro al buio indietreggiarono, rimanendo folgorati all'istante su quei fili scoperti alle loro spalle.
All'indomani a caldo il cordoglio fu generalizzato, ma loro due non c'erano più ed il terzo compagno rimase in vita per miracolo, ma segnato per sempre dalle ustioni riportate . Il ministro dell'Interno era Nicolas Sarkozy, tolleranza zero, era la sua consegna alle forze dell'ordine. Focolai e disordini erano scoppiati da qualche tempo nei sobborghi periferici sia di Parigi che di altre città. La vicenda dei due ragazzi alimentò nuovi disordini, fu come gettare benzina sul fuoco, una vera e propria rivolta nelle periferie,  a ferro e fuoco non solo le Banlieues Parigine, ma anche le aree disagiate di altre città Francesi e per intere settimane.
 Jacques Chirac ed il suo governo di centro erano stretti tra i rivoltosi ed i sostenitori di Jean Mary Le Pen padre padrone del Fronte Nazionale creato nei primi anni 70 sull'onda nostalgica di Vichy. Poi consacrato "spauracchio dei moderati" alle presidenziali del 2002 (complice la defaillance socialista), a secondo partito Francese.
Per mostrarsi credibili e non crollare in vista di nuove elezioni, Chirac e soci, furono praticamente costretti ad usare il pugno duro verso le frange di banditi additate da Le Pen.
 Nicolas Sarkozy, sostenne in quell'occasione che i ragazzi non furono inseguiti, ma che la polizia fu chiamata sul posto per sventare un furto. Ora dopo molti anni, nel maggio 2015 Stephanie Klein e Sebastien Gallemin, i due poliziotti accusati di non aver portato soccorso ai ragazzi nella centrale elettrica sono stati assolti. La decisione del tribunale di Rennes è stata presa al di là delle dichiarazioni di parte e della testimonianza di Muhittin Altun che era con i due ragazzi nella centrale e pur ustionato gravemente si salvo'. La sentenza però è scaturita sulla base delle registrazioni del colloquio via radio tra la centralinista Stephanie Klein e l'agente Gallemin intento all'inseguimento dei ragazzi."Se entrano in quella cabina, non scommetto sulla loro vita". Disse ad un certo punto l'agente via radio alla collega in centrale. Successivamente incalzato dall'accusa aggiustò il tiro. In aula singhiozzando affermo' "Io non li visti entrare nella centrale,..... quando ho chiamato Stephanie,..... ho solamente osservato che correvano in quella direzione ed ho con quella frase sottolineato il rischio che correvano...io e Stephanie non ci siamo.....affatto sottratti al nostro dovere ".
Il 18 maggio 2015, giorno dell'assoluzione dei poliziotti, Marine Le Pen, figlia di Jean Marie, nuova leader e patron da qualche anno, del Fronte Nazionale, ha twittato "Aujoud'hui Justice a etè rendue".

giovedì 8 gennaio 2015

LA BADESSA ED IL CAVALIERE

Si erano conosciuti poco più che bambini nel borgo di Ozzano, dove trascorsero assieme il periodo più bello della loro vita, tra scherzi innocenti e risa gioiose. Lucia dolce e graziosa, di animo fragile e di esile figura. Diatagora invece così robusto, già coraggioso ed audace, protettivo e rassicurante, pure se ancor fanciullo. Il gioco da loro preferito, lei si nascondeva e lui la cercava. Lei scappava come l'agnellino della favola e lui lupo famelico la rincorreva. Ma quelli che seguirono furono tempi di guerra.  E lui, cavaliere, partì per difendere il Sacro Sepolcro. Applaudito dai Signori, ammirato dalle donne e rispettato tanto dai compagni quanto dai nemici, Diatagora non visse un solo istante di quella nuova vita senza pensare alla sua Lucia. Era lei che lui voleva proteggere, e non esitò un solo istante quando gli fu offerto di tornare, da regnante, alla rocca. Ma Lucia alla rocca ad aspettarlo non c’era più. I giorni, i mesi, gli anni per lei ad Ozzano erano passati interminabili, nell’indescrivibile miseria e nella paura di rimanere sola. La speranza di un rapido ritorno si trasformò presto nel presentimento dell’illusione, e poi nella certezza dell’abbandono. Si era fatta monaca, Lucia. Presi i voti in Santo Stefano, fu destinata alla chiesetta di Settefonti, dove era stato costruito,  un piccolo convento. 
Il bel cavaliere percorreva a cavallo ogni mattina il sentiero sui calanchi per recarsi alla chiesa del convento. Lucia si era accorta di questa costante presenza e si trovò a combattere il turbamento con assidue preghiere, veglie e penitenze che minarono presto la sua salute. Cadde ammalata, ma lui non cessò le sue visite mattutine. Una volta guarita, cercò di privarsi anche dell’ascolto della Messa per celarsi agli sguardi del cavaliere, ma un giorno sembra che con la complicità di una suora decise di parlargli. Gli disse che il suo sentimento per l’amore divino era più forte di ogni altro sentimento terreno e quindi era risoluta nella sua dedizione alla vita monastica; lo invitò a non tornare più, ma si lasciarono con la promessa del cavaliere di partire crociato per la Terrasanta. Così fece, mentre Lucia, minata dalla malattia, si spense già in odore di santità, stando alle testimonianze del popolo e delle fanciulle del convento guidate dalla badessa. Durante le Crociate Diatagora, fu ferito e fatto prigioniero poi rinchiuso in una cella dove una notte in preda alla febbre, vide Lucia che gli tendeva la mano e, come in sogno, lo trasportava nella foresta di Settefonti nei pressi del Monastero. In cambio di questa grazia, secondo il messaggio della Beata Lucia, il cavaliere doveva lasciare i ceppi con cui era legato in prigionia sulla sua tomba. Risvegliatosi il cavaliere si ritrovò effettivamente presso il convento, lo raggiunse e inginocchiatosi davanti alla tomba dell’amata, lasciò lì i ceppi e pianse. In quel momento le sette fonti di acqua cristallina, che si erano seccate alla morte di Lucia, ripresero a zampillare copiosamente. 
Lucia venne fatta beata dopo tre secoli nel 1508.  Le sue spoglia giacciono tutt'ora assieme alle catene che imprigionarono Diatagora, nella chiesa di S. Andrea di Ozzano. Lo stretto calanco, oggi noto come passo dell'Abadessa, divenne via di pellegrinaggio per i fedeli fino alla seconda guerra mondiale. Oggi la valle, le ripide colline ed i calanchi, fanno parte del Parco dei Gessi Bolognesi e sono meta di un turismo ecologico ed enogastronomico. Infine verso la fine di maggio di ogni anno una sagra dedicata alla Badessa Lucia ricorda la vicenda.