lunedì 24 marzo 2014

DALLA GRANDEUR ALLA FINE DELL'ANCIEN REGIME

La Francia nel 1788 si dibatteva da ormai più di dieci anni in una situazione difficilissima dal punto di vista economico. Ma i problemi venivano da ancor più lontano dal regno di Luigi XIV, il re sole dopo la morte del cardinale Mazzarino nel 1661, si lanciò nell'ampliamento del castello di Versailles, investendovi molti mezzi. L'idea di erigere uno dei palazzi più straordinari d'Europa, in luogo del piccolo castello di Luigi XIII che la corte, sprezzante, considerava come la casa di campagna di un borghese, suscitò molte critiche a mezza bocca: il luogo era definito « ingrato, triste, senza panorama, senza boschi, senz'acqua, senza terra, perché tutto è sabbie mobili e palude, senz'aria », e quindi assolutamente pas bon. Ma Luigi XIV tirò dritto per la sua strada senza ascoltare più nessuno, ora che dopo la sua morte finalmente si era liberato di Mazzarino, non volle mai ascoltar nessuno. I cent'anni che seguirono furono pieni di guerre e di carestie. I re che seguirono il re sole, per finanziare il deficit crescente delle casse dello stato imposero gabelle sempre crescenti ai componenti del Terzo Stato (la borghesia), continuando ad esentare la nobiltà ed il clero. Già il Terzo Stato nel 1788 la classe preponderante in termine numerico nella Francia di allora. La vera spina dorsale della società Francese che nominalmente per la legge Feudale dal 1302, era parte degli Stati Generali (con nobiltà e clero), ma che dal 1614 non vennero convocati appunto fino al 5 maggio 1789. 
La formulazione più efficace e celebre delle ambizioni del Terzo stato fu quella espressa nel pamphlet degli inizi del 1789 Qu’est-ce que le Tiers Etat? dell’abate Emmanuel-Joseph Sieyès: 
“Che cos’è il Terzo stato? Tutto. 
          Che cos’ha rappresentato finora nell’ordinamento pubblico? Nulla. 

        Che cosa chiede? Di diventare qualcosa”.
Dal fortunato pamphlet, divenuto popolarissimo nei primi mesi di quel 1789, alla convocazione dell'assemblea il passo fu breve. Vi partecipavano in tutto 1139 membri eletti dai diversi Stati: 291 rappresentanti per il Primo Stato (il clero), 270 per il Secondo Stato (l'aristocrazia) ed altri 578 per il Terzo Stato (la popolazione urbana e rurale). Ogni ordine si riuniva in una camera separata dagli altri due Stati, discutevano sulla legge ed emettevano un voto per camera: essendo 3 i voti il sistema non ammetteva il pareggio. Il più delle volte il Terzo Stato era svantaggiato, perché in qualche modo gli interessi dei nobili e del clero coincidevano: era sufficiente che questi emettessero due voti a favore per ottenere la maggioranza. Nell'ultima riunione degli Stati Generali il Terzo Stato chiese altri membri per la propria camera, l’istituzione del voto per testa e la riunione in un'unica camera. Di questi punti solo uno fu concesso, quello di elevare il numero dei propri membri. In questo modo il sistema rimaneva lo stesso, perché per cambiare era necessario il voto per testa. A quel punto il Terzo Stato si autoproclamò l’unico vero rappresentante della Francia, assumendo il nome di Assemblea Nazionale, e ciò determinò la fine degli Stati Generali ed anche della Monarchia.



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