lunedì 1 aprile 2013

LUCREZIA E LA FINE DEI TARQUINI

Una volta in una pausa dell'assedio di Ardea, mentre stavano bevendo nella tenda di Sesto Tarquinio figlio del re Tarquinio detto il Superbo, e partecipava al banchetto anche
Collatino figlio di Egerio, il discorso cadde sulle mogli e ciascuno celebrava la sua con le maggiori lodi. Essendosi accesa la discussione, Collatino disse che le parole erano vane: in poche ore potevano rendersi conto di quanto la sua Lucrezia fosse superiore alle altre. "Siamo giovani e vigorosi: perchè non montiamo a cavallo e non andiamo a constatare coi nostri occhi la virtù delle nostre donne? La miglior prova per tutti sarà lo spettacolo che ci offriranno mentre non si aspettano l'arrivo del marito". Riscaldati dal vino tutti gridano: "Benissimo, andiamo", e spronati i cavalli volano a Roma. Giunti qua al calar delle tenebre, si dirigono successivamente a Collazia, dove trovano Lucrezia non trascorrere il tempo in banchetti e divertimenti con le compagne, come avevano visto fare le nuore del re, ma a notte inoltrata intenta a filare la lana, seduta in mezzo alla casa tra le ancelle veglianti al lume di una lucerna. La palma di quella gara femminile toccò a Lucrezia.  Essa accoglie benevolmente il marito che giunge in casa e i Tarquini, e Collatino vincitore invita cortesemente i figli del re a trattenersi.

Alcuni giorni dopo Sesto Tarquinio all'insaputa di Collatino si reca a Collazia con un solo uomo di scorta. Quivi accolto benevolmente da quelli di casa, ignari del suo proposito, dopo la cena fu condotto nella stanza degli ospiti; quando, acceso dal desiderio, gli parve che tutto fosse tranquillo all'intorno e la casa fosse immersa nel sonno, impugnata la spada entrò dove Lucrezia dormiva, e con la sinistra ferma sul petto della donna disse:"Taci, Lucrezia: sono Sesto Tarquinio; ho in mano la spada: se mandi un grido sei morta".  Mentre la donna sorpresa nel sonno e impaurita non scorge aiuto in alcuna parte, ma solo la morte starle sul capo, Tarquinio le dichiara il suo amore, la supplica, unisce alle preghiere le minacce, con ogni mezzo tenta l'animo della donna.
Quando la vede ostinata non piegarsi neppure dinanzi alla minaccia di morte, aggiunge alla paura il disonore: dice che metterà vicino al suo cadavere uno schiavo nudo sgozzato, perchè la credano uccisa in vergognoso adulterio. Vinta con questa minaccia
l'ostinata pudicizia, la libidine è in apparenza vincitrice, e Tarquinio se ne partirà fiero di aver espugnato l'onore di una donna considerata fino allora un esempio. Lucrezia dolente per tanta sventura manda un messaggero a Roma presso il padre e poi ad Ardea dal marito, pregandoli di venire coll'amico più fido: la cosa è necessaria e urgente perchè è capitata un'orribile sciagura.  Spurio Lucrezio va accompagnato da Publio Valerio, figlio di Voleso, e Collatino da Lucio Giunio Bruto, col quale per caso si trova mentre recandosi a Roma si imbatte nel messaggero della moglie. Trovano Lucrezia seduta mesta nella sua stanza. All'arrivo dei suoi cari le spuntano le lacrime, e alla domanda del marito "Va tutto bene?" ."No", risponde;"qual bene infatti rimane ad una donna quando sia perduto l'onore ? Nel tuo letto, o Collatino, vi sono le impronte di un altro uomo; però solo il corpo è stato violato, l'animo è innocente: la morte mia ne sarà la prova. Ma datemi la mano e la parola che l'adultero non resterà impunito.  E Sesto Tarquinio, che da ospite divenuto nemico la notte scorsa con la violenza e con le armi ha colto qui un piacere esiziale per me, ma anche per lui, se voi siete uomini". Tutti uno dopo l'altro danno la loro parola, e cercano di consolare l'afflitta riversando ogni colpa da lei costretta sull'autore del misfatto: solo l'anima può peccare, non il corpo, e la colpa manca dove sia mancata la volontà. "A voi", Lucrezia esclama, "spetterà il giudicare qual pena a colui sia dovuta; quanto a me, se anche mi assolvo dal peccato, non mi sottraggo alla pena: nessuna donna in futuro vivrà disonorata seguendo l'esempio di Lucrezia".

Con mossa repentina si infila nel cuore un coltello che teneva celato sotto la veste, e abbattutasi morente sulla ferita cadde al suolo.  Il marito e il padre levano alte grida.Mentre quelli si abbandonano al dolore, Bruto
estratto dalla ferita di Lucrezia il coltello grondante sangue e tenendolo davanti a sé dice:"Per questo sangue, castissimo prima del regio oltraggio, giuro e invoco voi a testimoni, o déi, che caccerò col ferro, col fuoco, e con qualunque altro mezzo mi sia possibile Lucio Tarquinio Superbo, insieme alla scellerata consorte e a tutta la discendenza dei figli, né sopporterò che costoro od alcun altro regni in Roma ". Consegna poi il coltello a Collatino, e successivamente a Lucrezio e a Valerio, stupefatti per quel miracolo, che si chiedevano donde mai nascesse quel nuovo animo nel petto di Bruto. Giurano come loro era stato prescritto, e dal dolore passati interamente all'ira seguono la guida di Bruto che già li invita a dar l'assalto al regno. Con questi argomenti, e, credo, con altri anche più forti, che l'indignazione del momento suggeriva, ma che non è facile agli storici tramandare esattamente,  Bruto infiammò la folla, e la indusse a privare il re del potere e così fu...



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