sabato 9 marzo 2013

UN MERCANTE DI SUCCESSO EFFIMERO

Fino a tutti gli anni Ottanta del XIX secolo (circa trent' anni prima della bohème disperata di Modigliani e di Picasso) Parigi non era avara con gli artisti: per arricchirsi non servivano idee e tanto meno rivoluzioni stilistiche. Bastava possedere una gran tecnica, riuscire a fare ritratti somiglianti al modello ed essere virtuosi della pittura di «genere», ovvero dell' aneddoto. Si vendevano bene scene di allegre pastorelle, feste di paese, salotti popolati da damine in abiti settecenteschi impegnate a conversare con cavalieri in parrucca e scarpe di seta, oppure, scene di ameni giardini dove si intrecciavano storie d' amore. Adolphe Goupil (1806-1893), commerciante di stampe e quadri, editore di splendidi cataloghi d' arte e della prestigiosa rivista mensile Les Arts, ma anche capitano d' industria e cavaliere della Legion d' Onore. Aveva fondato la sua Maison nel boulevard Montmartre 12, inizialmente «per il commercio e l' edizione di incisioni e litografie» tratte da capolavori dell' arte antica. Ma aveva ben presto allargato l' attività alla riproduzione in copie o riduzioni a stampa delle opere contemporanee e alla vendita degli originali stessi finendo per aprire un prestigioso negozio con molte vetrine di fronte all' Opéra. Dopo seguirono succursali a Londra, Berlino, New York, L' Aia (dove lavorava lo zio di Van Gogh) e in numerose altre città fino a Melbourne e Johannesburg.
«I borghesi ricchi ritrovavano se stessi in quelle opere - scriveva il pittore e critico Francesco Netti nel 1877 -: vedevan le stesse stoffe che avevano addosso, i tappeti che avevano a casa, il lusso nel quale vivevano, e poi scarpe di raso, mani bianche, braccia nude, piccoli piedi, teste graziose. Quelle figure dipinte stavano in ozio tali e quali come loro. Al più guardavano un oggetto, o si soffiavano con un ventaglio. Le più occupate facevano un po' di musica, o leggevano un romanzo. Era il loro ritratto, anzi la loro apoteosi». Il conto finale, però, fu alto: questo gruppo di pittori, collezionisti e mercanti à la mode, mantenne una posizione a margine del più grande movimento contemporaneo: quello dell' Impressionismo coltivato invece dal mercante Paul Durand-Ruel. Il prezzo fu l' oblio della pittura chic, pagato per oltre un secolo dai nostri italiani a Parigi. Nemmeno a Goupil andò meglio: l' espressione «stile Goupil» è stata a lungo sinonimo di cattivo gusto, una definizione con cui furono bollate in senso spregiativo tutte le opere che egli aveva privilegiato.

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