venerdì 4 agosto 2023

NON SARA' LA MORTE NERA

-Me lo sento sto facendo la fine di mio padre! Fin che ce l'aveva fatta ogni giorno Eleonora, era andata a pregare sulla tomba di suo padre Mariano nella chiesa di San Gavino. Ma ora la febbre era troppo alta ed il respiro si era fatto di ora in ora sempre più difficile. -Ma sono serena, ho riportato il Giudicato di Arborea, allo stesso splendore ed alla pace che l'aveva portata lui e la gente ora crede in me e nel piccolo Mariano che sarà anche lui degno del nonno, di cui porta lo stesso nome. E' giugno ormai inoltrato, nell'anno 1404, quando ad Oristano, si spegne Eleonora de Bas-Serra. Purtroppo non passeranno che tre anni ed anche il giovane Mariano, sarà stroncato dalla peste. Ma in Sardegna e nei Sardi, il suo ricordo e le sue gesta, giungeranno fino ai giorni nostri, ripercorriamo quindi le vicende che segnarono quel suo tempo. Certo tutto partì, con l'avvento degli Aragonesi in terra Sarda. Certo da molti secoli l'isola non trovava pace. In pochi secoli dopo la caduta dell'Impero Romano, si erano succeduti prima i Bizantini, poi dopo la nascita dell'Islam erano cominciate le scorrerie degli Arabi, ma il Papato ed il Sacro Romano Impero avevano interferito salvando comunque la Sardegna dalla capitolazione. Erano poi entrate in scena le due Repubbliche Marinare di Genova e Pisa. Certo la Sardegna era comunque restata una realtà a se stante e pur con l'avvento del Feudalesimo aveva mantenuto, una sua identità che si era estrinsecata sul territorio in quattro realtà amministrative, dette Giudicati. In quel tempo si era affermato il Feudalesimo, ma le quattro realtà Sarde: Gallura, Torres, Arborea, Cagliari, furono veri e propri stati sovrani, con capacità di stipulare trattati internazionali. I Re vennero chiamati Giudici e non avevano la proprietà del territorio a differenza dei coevi regni Europei. La sovranità apparteneva al popolo con forme partecipative quali le Coronas de curatorias, le quali eleggevano i propri rappresentanti alla massima assise: La Corona de Logu. -Già io sono nata in questo tempo, ma non sono nata in terra Sarda bensì nel castello di Molins De Rey in Catalogna, perchè lì si conobbero mio padre Mariano e mia madre Timbors. Lui veniva dal Giudicato di Arborea allora ventenne e lei diciottenne di nobile famiglia Aragonese i Roccalberti, lo conobbe qualche anno prima che io venissi al mondo. Era venuto qui con il fratello minore Giovanni, al fine di ricevere una principesca educazione e per consolidare la straordinaria alleanza tra Aragonesi e suo padre Pietro giudice di Arborea. Un alleanza ormai ventennale, che aveva cambiato connotati di buona parte del territorio Sardo. Tutto iniziò quando Papa Bonifacio VII alla fine del secolo precedente nel 1297 per rivalsa verso il potere imperiale, (in questo che era il tempo del dualismo tra Guelfi e Ghibellini), creò il “Regnum Sardiniae et Corsicae”. Ma soltanto nel 1323, proprio vent'anni prima della mia nascita, i Catalani della corona di Aragona, capitanati da Giacomo II, decisero di scendere in campo e prendere possesso dell'isola. Gli Aragona in nome e per conto del Papato, oltre che qui si impegnarono pure in Sicilia e nello scontro con le due Repubbliche marinare di Genova e Pisa, che nel quadrante Tirrenico avevano il loro quartier generale. Questo era il contesto di fondo nel quale io nel 1347 sono venuta alla luce. Sicuramente ero destinata a rimanere lì nel castello di Molins De Rey, ancora per diverso tempo, ma alla morte di Pietro il giudice di Arborea, mio nonno paterno. Fu allora per volere della Corona de Logu che elesse mio padre Mariano nuovo giudice di Arborea, fummo costretti a salpare assieme a mio fratello Ugone e mia sorella Beatrice. Ci stabilimmo lì nel territorio detto del Goceano, nel castello di Burgos, dove già molto prima, aveva trascorso lì gli ultimi suoi giorni Adelasia di Torres. Confinata nello stesso maniero, dal perfido maneggione Michele Zanche. Io fin da piccolissima fui impressionata, dai racconti su quella mitica figura che aveva in pratica retto il Giudicato di Torres, tra la morsa dei tre uomini della sua vita. Prima la perdita immatura del primo marito Ubaldo Visconti giudice di Torres. Poi le assenze e l'abbandono da parte del secondo, Enzo figliastro dell'imperatore Federico II di Svevia. Lui si sentiva troppo stretto nell'isola, lui voleva per se tutta l'Italia ed il suo il suo peregrinare finì dopo la sconfitta ad opera dei Guelfi Bolognesi nella battaglia di Fossalta, finì come prigioniero dorato circondato da concubine in quel palazzo Bolognese che penso porterà per sempre il suo nome. Infine appunto colui che Adelasia conobbe ragazzino coetaneo. Lo notò per la prima volta, alla Basilica di Saccargia, il giorno del suo primo matrimonio con Ubaldo, le fece da paggio sorreggendole la coda di quel lungo abito candido. Sentì uno strappo al vestito e vide che era zoppo e di carnagione olivastra, ma sosteneva il suo sguardo, tanto che fu lei ad abbassare per prima gli occhi. In seguito, lui fu sempre presente nella sua vita e colui che gestì di fatto il giudicato di Torres in società, prima durante la sua vedovanza e poi per le continue assenze dell'amato Enzo: Michele Zanche, in seguito alla prigionia del fascinoso Enzo a Bologna, riuscì a fare annullare il secondo matrimonio di Adelasia, diventandone il terzo marito. Questa storia e le vicende vissute da Adelasia, mi hanno svezzata, facendomi comprendere esattamente, la natura di questo nuovo territorio, in cui mamma Timbors, io ed i miei due fratelli, ci siamo stabiliti. Mentre mio padre Mariano, partito da qui ed arrivato alla corte Aragonese, ha forse vissuto un processo inverso. Lui ora, ritornato nella sua terra di origine, attraverso l'educazione ricevuta a corte e le conoscenze acquisite, ha pensato si possa davvero completare quel processo di indipendenza da quegli ultimi lacci e lacciuoli che ancora legano la Sardegna ad un mondo costruito sul vassallaggio. Suo padre Mariano, resse il giudicato di Arborea da quell'anno, in cui nacque Eleonora, ma il suo sogno di indipendenza, non si compì mai. La Sardegna era una terra “di mezzo”, al centro di un incrocio di interessi, dove mantenere una posizione ferma e duratura nel tempo era praticamente impossibile. Si barcamenò, di volta in volta, allontanandosi anche dagli Aragonesi tra i quali era cresciuto. Forse pretese un po' troppo dallo spirito della delibera Papale con cui Papa Bonifacio VII, aveva dato linfa ed illusioni al suo Giudicato. Intanto la figlia Eleonora, prima della scomparsa del padre avvenuta appunto per peste nel 1376, per effetto di questa politica da lui praticata, aveva sposato Brancaleone Doria, uomo di punta dell'influente casato Genovese. Un matrimonio che rientrava pienamente in questo disegno strategico. -Certo il mio matrimonio con Brancaleone è stato un grande affronto alla corona Aragonese. L'intesa voluta tra mio padre e i Doria, ha riacceso gli animi, anche quelli più pacati. Dopo la morte di mio padre, mio fratello Ugone ha preso le redini. Io mi sono trasferita a Castelgenovese (Castelsardo), qui i Doria sono praticamente intoccabili, anche dai sicari armati dagli Aragonesi. Così purtroppo, non è stato per mio fratello Ugone, rimasto ad Oristano, assassinato dopo che ha impresso una accelerata pazzesca al processo di indipendenza del Giudicato di Arborea senza tener conto degli interessi in campo. Mio marito, ha tentato di soffiare sul fuoco acceso da Ugone e si è recato personalmente a Barcellona per confortare e trattare con gli Aragonesi, lasciando intravvedere che la Sardegna avrebbe di nuovo loro obbedito. A me per tutelare il futuro dei miei figli non resta che prendere a mia volta le redini del Giudicato, vista anche l'assenza di mio marito, che prima accolto in Catalogna con tutti gli onori, ora viene trattenuto come ostaggio. Mi proclamo sostenuta dalla Corona de Logu, quale giudicessa temporanea. Comincio a girare per tutta l'Isola confortata dal sostegno di tutta la popolazione. Convoco magistrati, anziani e per quanto posso tutta la popolazione e faccio giurare fedeltà al mio primogenito Federico. Giungono in migliaia, dai campi e da tutta l'isola e si stringono intorno a me, in nome e per la giustizia del popolo Sardo. Certo la mia ostinazione condanna Brancaleone in una posizione sempre più difficile prima a Barcellona poi tenuto a Cagliari, presso le fortificazioni di San Pancrazio. Ancora tante difficoltà. Provo a trattare con gli ex alleati Aragonesi, nel mezzo della trattativa nuove disgrazie a Barcellona muore il re e dopo pochi mesi anche mio figlio Federico. Ancora una volta non mi perdo d'animo e tutti appoggiano la candidatura del secondogenito Mariano. Fortunatamente sono sempre più solida nella posizione di Giudicessa di fatto. Finalmente funziona la mediazione che riporta la pace in Sardegna , la liberazione di Brancaleone ed un nuovo equilibrio, con la Corona di Aragona. Finalmente è ritornata la calma e dedico questi anni di pace alla redazione della carta del popolo (Carta de Logu). Un principio dovrà essere su tutti e sancisce: Tutti gli uomini, dovranno essere uguali davanti alla legge. Ora che il mio viaggio è giunto al termine me ne vado tranquilla, non è certo la morte nera a farmi pura, ma il timore che la Carta de Logu, avrà certo una risonanza futura, ma sarà quasi sicuramente, messa continuamente in discussione e spesso resterà un'utopia.

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