Si erano conosciuti poco più che
bambini nel borgo di Ozzano, dove trascorsero assieme il periodo più
bello della loro vita, tra scherzi innocenti e risa gioiose. Lucia
dolce e graziosa, di animo fragile e di esile figura. Diatagora
invece così robusto, già coraggioso ed audace, protettivo e
rassicurante, pure se ancor fanciullo. Il gioco da loro preferito,
lei si nascondeva e lui la cercava. Lei scappava come l'agnellino
della favola e lui lupo famelico la rincorreva. Ma quelli che seguirono furono tempi di
guerra. E
lui, cavaliere, partì per difendere il Sacro Sepolcro. Applaudito
dai Signori, ammirato dalle donne e rispettato tanto dai compagni
quanto dai nemici, Diatagora non visse un solo istante di quella
nuova vita senza pensare alla sua Lucia. Era lei che lui voleva
proteggere, e non esitò un solo istante quando gli fu offerto di
tornare, da regnante, alla rocca. Ma
Lucia alla rocca ad aspettarlo non c’era più. I
giorni, i mesi, gli anni per lei ad Ozzano erano passati
interminabili, nell’indescrivibile miseria e nella paura di
rimanere sola. La speranza di un rapido ritorno si trasformò presto
nel presentimento dell’illusione, e poi nella certezza
dell’abbandono. Si
era fatta monaca, Lucia. Presi
i voti in Santo Stefano, fu destinata alla chiesetta di Settefonti,
dove era stato costruito, un piccolo convento.
Il
bel cavaliere percorreva a cavallo ogni mattina il sentiero sui
calanchi per recarsi alla chiesa del convento. Lucia si era accorta
di questa costante presenza e si trovò a combattere il turbamento
con assidue preghiere, veglie e penitenze che minarono presto la sua
salute. Cadde ammalata, ma lui non cessò le sue visite mattutine.
Una volta guarita, cercò di privarsi anche dell’ascolto della
Messa per celarsi agli sguardi del cavaliere, ma un giorno sembra che
con la complicità di una suora decise di parlargli. Gli disse che il
suo sentimento per l’amore divino era più forte di ogni altro
sentimento terreno e quindi era risoluta nella sua dedizione alla
vita monastica; lo invitò a non tornare più, ma si lasciarono con
la promessa del cavaliere di partire crociato per la Terrasanta. Così
fece, mentre Lucia, minata dalla malattia, si spense già in odore di
santità, stando alle testimonianze del popolo e delle fanciulle del
convento guidate dalla badessa. Durante le Crociate Diatagora, fu ferito e fatto prigioniero poi rinchiuso in una cella dove una notte in preda alla febbre, vide
Lucia che gli tendeva la mano e, come in sogno, lo trasportava nella
foresta di Settefonti nei pressi del Monastero. In cambio di questa
grazia, secondo il messaggio della Beata Lucia, il cavaliere doveva
lasciare i ceppi con cui era legato in prigionia sulla sua tomba.
Risvegliatosi il cavaliere si ritrovò effettivamente presso il
convento, lo raggiunse e inginocchiatosi davanti alla tomba
dell’amata, lasciò lì i ceppi e pianse. In quel momento le sette
fonti di acqua cristallina, che si erano seccate alla morte di Lucia,
ripresero a zampillare copiosamente.
Lucia venne fatta beata dopo tre secoli nel 1508. Le sue spoglia giacciono tutt'ora assieme alle catene che imprigionarono Diatagora, nella chiesa di S. Andrea di Ozzano. Lo stretto calanco, oggi noto come passo dell'Abadessa, divenne via di pellegrinaggio per i fedeli fino alla seconda guerra mondiale. Oggi la valle, le ripide colline ed i calanchi, fanno parte del Parco dei Gessi Bolognesi e sono meta di un turismo ecologico ed enogastronomico. Infine verso la fine di maggio di ogni anno una sagra dedicata alla Badessa Lucia ricorda la vicenda.
Lucia venne fatta beata dopo tre secoli nel 1508. Le sue spoglia giacciono tutt'ora assieme alle catene che imprigionarono Diatagora, nella chiesa di S. Andrea di Ozzano. Lo stretto calanco, oggi noto come passo dell'Abadessa, divenne via di pellegrinaggio per i fedeli fino alla seconda guerra mondiale. Oggi la valle, le ripide colline ed i calanchi, fanno parte del Parco dei Gessi Bolognesi e sono meta di un turismo ecologico ed enogastronomico. Infine verso la fine di maggio di ogni anno una sagra dedicata alla Badessa Lucia ricorda la vicenda.