Arrivo di corsa sudatissimo ai cancelli di
Villa Careggi. Il portinaio mi apre con sufficienza, indicandomi con l'indice
della mano libera, dove sono riuniti da un bel po'.
La strada io la conosco molto bene, frequento l'accademia neoplatonica dal
primo giorno.
Cosimo De' Medici la volle vent'anni fa, a Firenze
doveva significare la riapertura dell'antica Accademia di Atene. Fu fin
dall'inizio il luogo di incontro di uomini dediti alle materie piu' disparate.
Il filo conduttore era la traduzione dal greco delle opere di Platone affidata
a Marsilio Ficino. Cosimo il vecchio pretese ed impose la presenza dei nipoti
Lorenzo e Giuliano in loro vedeva il futuro. Poi noi, da me a Pico della
Mirandola, Agnolo Poliziano, Nicola Cusano, Leon Battista Alberti e tanti altri
giovani di belle speranze.

Giungo poi in sala e come
altre volte per non farmi notare piu' di tanto, le possenti colonne mi fanno da
scudo e passando da l'una all'altra mi siedo in ultima fila. Finalmente mi
rilasso un po'. Vengo da giorni infernali, ho dovuto lasciare Roma e il lavoro
alla Cappella Sistina in tutta fretta per la triste notizia della scomparsa di
mio padre. Gia' li avevo molte preoccupazioni, poi Il ciclo di affreschi
era impegno troppo grosso e gravoso per un uomo solo e aiutanti validi là non
ce n’erano. Non potevo certo chiudere bottega qui e chiamare Filippino ad
aiutarmi. Io a Firenze dopo la morte di mio padre voglio restare. A Roma ero
andato due anni fa. Assieme agli altri fiorentini, ad ognuno fu assegnato un
compito preciso. Io dopo le insistenze di Papa Sisto, avevo firmato quel
contratto che mi impegnava per realizzare tre affreschi
nelle pareti della capella da poco costrtuita. Per fortuna pochi giorni fa li
ho terminati, quando mi e' giunta la triste notizia della morte di mio padre.
Ho potuto cosi' rientrare a Firenze ed ho deciso così che non tornerò piu' a Roma.
Rivivo le ultime vicende, come fossi in preda ad un
sogno ad occhi aperti. Una mano improvvisamente mi batte sulla spalla sinistra.
Mi giro è Agnolo Poliziano.
- Sandro come stai- mi sussurra.
- Ho incontrato stamani Filippino, mi ha informato
che sei tornato giusto in tempo per sepellire tuo padre e che non intendi piu'
ripartire per Roma.
- E' verissimo Agnolo la' ho rinunciato a a
ricche prebende. Papa Sisto e' rimasto soddisfatto dei tre affreschi che ho
fatto. Mi ha offerto di affrescare addirittura l'intero soffitto della nuova
cappella detta in suo onore Sistina. A me girava la testa al solo pensiero. Per
fortuna non ho accettato. Chiunque affrontera' quel
lavoro immane credo ne uscira' stravolto.
Agnolo Poliziano mi ascolta in modo disciplinato,
mentre io termino la filippica.
- Io Sandro son contentissimo che tu resti, lo sai
che serbo per te ormai da anni il grande proggetto. Ora che sei tornato per
restare nulla potra' fermarci.
- Ma Agnolo, io conservo gelosamente il manoscritto
che come ben sai potrei citarne i versi a memoria, ma la fine prematura di
Messer Giuliano ha cambiato di tanto le cose.
Gia' la congiura de' pazzi aveva posto fine in modo
cruento alla vita di Giuliano de' Medici ed anche il ferimento di Lorenzo aveva
cambiato completamente lo scenario cittadino. Agnolo aveva celebrato l'apoteosi
di quel tempo felice con il suo poema in versi. Ma soprattutto aveva gloriato
la figura di Giuliano ed aveva cantato il suo grande grande amore per
Simonetta. Lei era la piu' bella fanciulla di Firenze in quel tempo per noi
felice. Giovanissima si era maritata con Marco Vespucci. Lei era solo
quindicenne, la sua famiglia i Cattaneo esponenti della buona societa'
Genovese, era decaduta al pari della repubblica marinara. Poi negli anni
precedenti in seguito al passaggio di
Costantinopoli agli Ottomani, per loro fu un vero disastro. La' avevano
lasciato richezze ed interessi. L'unica gemma rimasta era lei Simonetta e la
volevano maritare con profitto. L'occasione si presento' quell'estate, la' sul
mare nel golfo di La Spezia. In quel tramonto Marco pure lui molto giovane,
osservo' prima quei boccoloni biondi, mossi dalla brezza fluttuavano in quella
magica luce che precede il calare della sera. Poi lei si giro' ed apparve il
suo magnifico viso di Venere terrena, lui rimase letteralmente fulminato. Rampollo
dei Vespucci, banchieri fiorentini in grande ascesa stretti collaboratori ed
alleati alla corte De' Medici. Era stata abilmente organizzata quella serata, dai Cattaneo. Tanta abilita'
culmino' poi molto presto nel loro matrimonio e Simonetta si trasferi' a
Firenze.
Qui Marco la introdusse a corte e la sua avvenenza,
non tardo' a fare proseliti. Fu un vero
ciclone.

-
Tu stesso Sandro la dipingesti in quel drappo
per la giostra che si tenne in Santa Croce. Scrivendoci persino "la senza
paragoni".
- Mio caro Agnolo per non parlare di te che dopo la vittoria di Giuliano De' Medici nella giostra,
decidesti di eternarla nel tuo poema. Ma poi le cose sono andate a rotoli lei
morta di tisi l'anno dopo e lui assassinato in quella tragica congiura. Io me
ne andai a Roma imprecando che sarei tornato solo morto e l'unico desiderio che
serbavo era quello di essere sepolto ai piedi di lei.
- Ma ora sei tornato Sandro e sei vivo e vegeto. Lo
sai anch'io ho sofferto. Ho interrotto la scrittura del poema dopo l'assassinio
di Giuliano, ma ora si ripresenta per noi la grande occasione. Lorenzo
di Pierdifrancesco De'Medici cugino del Magnifico, ha letto il manoscritto del
mio poema. Si e' talmente entusiasmato dalla descrizione che ho fatto della mia
Venere. Mi fara' presto pubblicare il poema tutto
con la nuova stampa a caratteri mobili. Ma non solo Sandro, lui mi ha
incaricato visto che era impossibilitato di essere oggi qui all'incontro di
Villa Careggi, di consegnarti una missiva.
Io non ti anticipo nulla, ma ti prego di valutare
la proposta con grande attenzione.
Prendo la lettera dalle mani di Agnolo e gli
prometto che seguiro' il suo consiglio.
L'incontro accademico, volge al termine. Come di
consueto dopo l'esposizione di Marsilio Ficino, prende la parola Lorenzo De'
Medici. Lo vedo un po' stanco ed abbacchiato evidentemente i recenti eventi lo
hanno segnato. Dopo le solite frasi di circostanza ed i convenevoli di rito.
Annuncia che ha scritto un nuovo sonetto, dal significato molto lontano dai
precedenti che celebravano gioventu' e bellezza. L' attacco e' emblematico
dell’attuale suo stato d’animo.
- chi vuol esser lieto sia
del doman non v'e' certezza
quant'e' bella giovinezza
che si fugge tuttavia...
Rientro finalmente a casa dopo essere passato in bottega, lì avrei voluto
aprilrla quella lettera, ma Filippino mi ha fatto cambiare idea. A casa trovo
almeno la cena pronta, per fortuna mamma non si scorda mai di me. Nonostante il
fresco dolore patito per il babbo altre nubi si addensano ora su di me. Inzuppo
la fetta di pane tra i fagioli all’uccelletto, quell’olio di frantoio l’ho
sempre adorato fin da piccino e lei non l’ha dimenticato. Mentre faccio
scarpetta, sono ancora sconvolto da quanto Filippino mi ha detto. Già lui il
mio uomo di fiducia, ha deciso di lasciarmi dopo quasi tredici anni di
collaborazione . Lui era il figlio del mio maestro Filippo Lippi. Avevo
imparato da lui il mestiere, avevo visto crescere Filippino, lui fin dalla
tenera età ci seguiva nei cantieri di Prato in cui lavoravamo allora. Poi la
domenica, giorno del nostro riposo, io andavo a casa loro. Lì Lucrezia la bella
moglie di Filippo, ci preparava di solito un ottimo pranzo a cui io partecipavo
volentieri perché pur vicino non rientravo a Firenze. Erano una famiglia
riservata a differenza di tante altre di loro non si sapeva quasi nulla. Finchè
in una di quella domeniche, ormai si
fidavano ormai ciecamente di me, venni a conoscenza della loro storia.
-Devi sapere...................
(Continua)