La formulazione più efficace e celebre delle ambizioni del Terzo stato fu quella espressa nel pamphlet degli inizi del 1789 Qu’est-ce que le Tiers Etat? dell’abate Emmanuel-Joseph Sieyès:
“Che cos’è il Terzo stato? Tutto.Che cos’ha rappresentato finora nell’ordinamento pubblico? Nulla.
Che cosa chiede? Di diventare qualcosa”.
Dal fortunato pamphlet, divenuto popolarissimo nei primi mesi di quel 1789, alla convocazione dell'assemblea il passo fu breve. Vi partecipavano in tutto 1139 membri eletti dai diversi Stati: 291 rappresentanti per il Primo Stato (il clero), 270 per il Secondo Stato (l'aristocrazia) ed altri 578 per il Terzo Stato (la popolazione urbana e rurale). Ogni ordine si riuniva in una camera separata dagli altri due Stati, discutevano sulla legge ed emettevano un voto per camera: essendo 3 i voti il sistema non ammetteva il pareggio. Il più delle volte il Terzo Stato era svantaggiato, perché in qualche modo gli interessi dei nobili e del clero coincidevano: era sufficiente che questi emettessero due voti a favore per ottenere la maggioranza. Nell'ultima riunione degli Stati Generali il Terzo Stato chiese altri membri per la propria camera, l’istituzione del voto per testa e la riunione in un'unica camera. Di questi punti solo uno fu concesso, quello di elevare il numero dei propri membri. In questo modo il sistema rimaneva lo stesso, perché per cambiare era necessario il voto per testa. A quel punto il Terzo Stato si autoproclamò l’unico vero rappresentante della Francia, assumendo il nome di Assemblea Nazionale, e ciò determinò la fine degli Stati Generali ed anche della Monarchia.