Dal 24 aprile 1830 tra Nina e Camillo esplose una passione infuocata; il marito ne era a conoscenza, ma si limitò a spargere la voce che sua moglie era pazza.
Per quattro anni Camillo e Nina s’inseguirono, incontrandosi a Torino, Milano, Vinadio, Valdieri; ma se per lei le difficoltà del rapporto aumentavano l’amore, per lui la storia era finita da un pezzo.
Nina, quando non lo vedeva, gli scriveva; centinaia di lettere che finirono fra le mani del marito, il quale continuò pubblicamente a dichiararla matta e la confinò nella villa di Voltri: qui, il 18 ottobre del 1834, avvenne l’ultimo incontro con Camillo, che la piantò definitivamente.
Nina cadde in una prostrazione tremenda che durò anni; tentò due volte il suicidio col veleno e, trasferita nella nuova casa a Genova, palazzo Lercari, in via Garibaldi al numero 3, nella notte tra il 23 e il 24 aprile del 1841 - anniversario del suo primo incontro con Cavour – gli scrisse quelle parole infuocate con cui ho aperto la storia (vedi parte prima).
Poi, dopo aver fatto testamento, si lanciò dalla finestra di camera sua.
Un volo di 11 metri, sei giorni di agonia e finalmente la morte, il 30 aprile.
Aveva trent’anni.
Il marito rifiutò di seppellirla nella tomba di famiglia; lo stesso fece il padre, idem la famiglia della madre.
Le sue spoglie riposano a Genova nella chiesa di Padre Santo, in piazza dei Cappuccini.
Nel testamento Nina chiese alla Duchessa di Galliera, nuova proprietaria della villa di Voltri, che il lume posto davanti alla Madonnina bianca rimanesse sempre acceso, affinché tutti ricordassero la fiamma del suo amore infelice. Così fu, e così è ancora.
Nessun commento:
Posta un commento