L'espressione estetica, assolutamente languida ed ammaliante, carica anche di un innocente erotismo. Quella luce che si irradia sul viso di giovinetta, ella è posta di fronte alla grande finestra illuminata. L'orecchino con perla, che cattura anch'esso quasi da solo la centralità della luce, è di grandi dimensioni e a forma di goccia. Sebbene lei appaia di modeste condizioni, il monile era a quel tempo prerogativa delle dame aristocratiche dell'alta borghesia.
Lei è cresciuta qui tra questi canali, tra queste case dai tetti aguzzi ed il cielo quasi sempre velato, quasi mai limpido e completamente azzurro.
Non è troppo esuberante come le coetanee che sono nate più a sud. Qui la vita ci appare silenziosa come filtrata e riflessa entro uno specchio terso. Lei che entra in punta di piedi in casa dell'artista e serve alla sua mensa. Lui che è dotato di grande sensibilità coglie in lei mentre si piega per versargli il vino quella luce sul suo viso che è posto tra i suoi occhi e la grande finestra. La immortalerà così di tre quarti in quel cammeo di soli cm. 40x47.
martedì 12 novembre 2013
lunedì 4 novembre 2013
LUI ERA L'ORSO ED IO LA VOLPE
Lui era il più grande poeta del Novecento Italiano, io una giovane e vibrante letterata. Lui Eugenio Montale ed io Maria Luisa Spaziani, la nostra è la storia di una amicizia amorosa mai finita.
«Avevo venticinque anni e morivo dalla voglia di incontrarlo. Conoscevo a memoria Ossi di seppia e qualche poesia delle Occasioni. Accadde al Teatro Carignano, nel gennaio del 1949. Montale mi guardò con un'intensità così forte che ne rimasi turbata». La Volpe ricorda poi la nascita di un legame forte, durato quindici anni, al quale fecero da collante l’amore per la letteratura, un’affettuosità particolarissima e soprattutto, strano ma vero, in fondo poi neppure così strano, le risate: «Ecco il punto fondamentale: le risate. Raramente mi sono divertita e ho riso come con Montale. In lui l’umorismo, il comico andavano in profondo, anche quando si incarnavano in piccole situazioni o minimi personaggi». Un Montale un po’ diverso dall'icona di poeta sommo e austero che siamo “scolasticamente” abituati a pensare. Un uomo dallo «spirito caustico», con le sue stranezze e con le sue contraddizioni, goffo e pungente, distratto e attento, geloso di una gelosia tutta sua, e che ogni tanto soffre «di violente antipatie in gran parte inspiegabili». Non sa andare in bicicletta, però nuota. Nei mattini d’estate arriva in spiaggia vestito di tutto punto, come per una conferenza («Era sempre il primo a giungere in giacca e cravatta, scarpe e calze al nostro ombrellone»), salvo poi indossare un costume davvero troppo simile a una maschera di carnevale: «Un costume da bagno completo, blu scuro con un grosso Topolino a strisce bianche e rosse».
«No, non sono mai stata bella. Era affascinato dalla vitalità, questo sì. Subito abbiamo trovato un terreno infuocato di interessi e curiosità. Di Proust ho già detto, poi Hoelderlin, Rilke, Eliot. E una grande leggerezza, la voglia di ridere e giocare. Non avevo mai capito a fondo una sua dedica del 1956, sulla mia copia de La Bufera e altro».«"Alla Volpe, che non soltanto mi regala la luce della sua giovinezza, quanto mi restituisce la mia che non ho mai avuta"». Lui l'orso aveva più del doppio dei miei anni ed io così lo definii quando «Un giorno lo vidi appoggiato al banco di un'agenzia di viaggio, metteva il piede all'interno come fanno gli orsi. "Mi sei sembrato un orso", gli dissi. Ecco, fece lui, l'Orso va bene con la Volpe».
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