Questa è una storia contemporanea. Mentre noi ci crogioliamo nelle lotte fratricide interne, il ritorno di Forza Italia e la tre giorni della Leopolda in vista delle primarie del Pd. Il super-euro inizia a fare male davvero. Nell’ultimo anno la moneta unica è infatti rincarata su tutte le principali valute del mondo: in media – calcola la Bce – il rafforzamento è stato del 7% nei confronti delle valute dei principali partner commerciali del Vecchio continente. L’euro ha guadagnato da gennaio l’11,8% contro il real brasiliano, il 17,3% contro la rupia indiana, il 15,6% sulla lira turca. Ed è sui massimi da due anni nei confronti del dollaro. L’Italia soffre infatti più degli altri principali Paesi, perché le nostre esportazioni hanno una soglia di "tolleranza" al caro-euro più bassa rispetto a quelle altrui. Calcolava Morgan Stanley qualche mese fa che le imprese tedesche sarebbero in grado di sopportare un cambio euro-dollaro fino a 1,53, mentre le italiane già annaspano sopra quota 1,19. Sono ovviamente delle supposizioni ma un fatto è certo Germania e la stessa Francia hanno brands e marchi talmente affermati nell'immaginario collettivo del resto del mondo e particolarmente nei paesi emergenti che rappresentano per loro veri e propri "status symbol" irrinunciabili, qualunque sia il loro prezzo.
L'Italia quindi si presenta a questi mercati magari con ottimi prodotti di "nicchia" ma senza grandi firme. Siamo una sorta di "seconda linea", rispetto ai cugini d'oltralpe e ne paghiamo le conseguenze. Le esportazioni nonostante tutto tengono, grazie alla "creatività e perseveranza" di un manipolo di cani sciolti che fanno sopravvivere una inimitabile "eccelenza che viene da lontano", quella dei distretti tipici locali.

Come ripartire da qui, senza piangerci addosso se ci saranno fondi pubblici e comunitari benissimo, diversamente questa dovrà essere la nostra priorità assoluta. Se non saremo capaci entro pochissimi anni di riformare il sistema burocratico che ci sovrasta e che divora la ricchezza che ancora si produce, stiamo parlando "di niente" e distruggeremo anche l'ultimo asset che ci resta. Dobbiamo cambiare noi stessi e fortunatamente i primi segnali cominciano a manifestarsi un segnale è "l'iscrizione alla scuola secondaria". Per la prima volta dopo anni o decenni l'indirizzo verso "Istituti professionali o specifici", si va timidamente riaffermando.